Artist-in-Residence at Rijksmuseum, Amsterdam

Muziekcentrum De Bijloke
Chronotopes
Rupert (Vilnius) e Sonic Acts (Amsterdam) offrono un’ opportunità congiunta di produzione e ricerca tra Vilnius e Amsterdam con il bando per la seconda edizione di ALTERLIFE. La residenza invita artisti e collettivi interdisciplinari a sviluppare opere d’arte audaci e orientate al processo in risposta all’emergenza climatica in escalation e alle forze culturali, politiche e storiche che plasmano il nostro futuro collettivo.
La residenza di tre mesi è interamente finanziata e suddivisa in due periodi: aprile-maggio 2026 presso Rupert a Vilnius e novembre 2026 presso Sonic Acts ad Amsterdam. Gli artisti presenteranno le loro ricerche durante ciascuna residenza e il lavoro finale sarà esposto, possibilmente in forma iterativa, presso Rupert (2026/2027) e alla Biennale Sonic Acts (2028).
Il titolo del programma si ispira al concetto di “alterlife” della studiosa femminista M Murphy, che riconosce come la vita, umana e non umana, sia stata alterata chimicamente e strutturalmente da secoli di oppressione coloniale e capitalista. Ispirato alla fabulazione critica di Saidiya Hartman, un metodo per recuperare storie perdute attraverso la narrazione sperimentale, ALTERLIFE incoraggia pratiche critiche, speculative e basate sulla ricerca che immaginano nuovi modi di essere, relazionarsi e creare.
Cosa offre:
–Una residenza combinata di tre mesi, con soggiorno interamente finanziato presso Rupert (aprile-maggio 2026) e Sonic Acts (novembre 2026), compreso alloggio e spazio di lavoro;
– 3.800 euro in totale per la residenza combinata e fino a 400 euro di sostegno per le spese di viaggio per ciascuna sede;
– Il finanziamento include un totale di 7.000 euro per entrambe le presentazioni (2.000 per Rupert a Vilnius e 5.000 per Sonic Acts ad Amsterdam), insieme a guida e supporto per lo sviluppo e la produzione di una nuova opera d’arte;
–Il progetto sarà presentato sui siti web o nelle pubblicazioni di Sonic Acts e Rupert;
–Sessioni di feedback, assistenza per le domande di finanziamento e assistenza alla produzione;
–Supporto da parte di artisti e curatori locali in ciascuna città;
–Presentazione della ricerca nell’ambito della programmazione pubblica a Vilnius e Amsterdam (2026); Presentazione del lavoro finale a Rupert (2026/2027) e alla Biennale Sonic Acts (2028).
Cosa ci aspettiamo
Questa residenza sostiene lo sviluppo di una nuova opera d’arte per un periodo di tre mesi, suddiviso tra Vilnius e Amsterdam, e culmina nella produzione di una nuova commissione, con iterazioni che saranno presentate al Rupert e alla Biennale Sonic Acts nel 2028. Durante la residenza, gli artisti sono tenuti a condividere le loro ricerche e i loro lavori in corso attraverso una presentazione pubblica in ciascuna sede. Ciò potrà avvenire sotto forma di conferenza, performance, sound walk o field walk, proiezione o altro formato adatto alla pratica dell’artista. Siamo particolarmente interessati a lavori che incorporano video, suono, performance o altre forme ibride. Nella loro candidatura, gli artisti dovranno dimostrare una visione chiara di come la loro pratica si evolverà nelle due sedi e culminerà in un progetto finale.
Requisiti e selezione
La residenza è aperta a tutti gli artisti residenti nell’Unione Europea. Sono particolarmente incoraggiati artisti individuali o duo che adottano un approccio multidisciplinare, in particolare pratiche che incorporano suono e video.
Candidature
Gli artisti sono invitati a inviare un CV, un portfolio (fino a 5 lavori, massimo 10 pagine e 10 MB), una descrizione del progetto per la produzione di nuovi lavori (fino a 600 parole) e un budget di produzione indicativo per entrambe le presentazioni.
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Elena Giulia Rossi: Vi chiedo subito di Onirica (), del progetto che avete ideato per Videocittà, ma anche di tutta la serie in progress nata per esplorare la dimensione del sogno e il suo incontro con le logiche algoritmiche.
Mattia Carretti ( co-founder di fuse*): Onirica () è un progetto nato dall’idea di portare assieme il mondo AI, attraverso tecniche di machine learning, con un’esperienza puramente umana, quale è quella del sogno. Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto effettivamente nel 2022 ma era frutto di una ricerca avviata molto prima, nel 2018, quando sperimentavamo con un sistema AI piuttosto rudimentale. Dopo, chiaramente, le possibilità espressive si sono evolute esponenzialmente con il progresso delle tecnologie.
Inizialmente l’esplorazione di alcune tecniche di analisi dati e della loro traduzione in immagini faceva parte di un processo di ricerca parallelo a questo. Non eravamo ancora a conoscenza dell’esistenza di queste due banche dati con cui poi abbiamo lavorato, quella dell’Università di Bologna e quella della University of California Santa Cruz. Quando le abbiamo scoperte, abbiamo pensato che questo materiale sui sogni organizzato in un dataset si sarebbe prestato benissimo per portare assieme realtà onirica ed esistenza artificiale.
Abbiamo avviato la progettazione inizialmente con Matteo per la parte visiva e poi con un team più esteso, come di solito facciamo nel nostro lavoro di squadra, portando assieme competenze diverse. Sono venute fuori diverse idee e diverse possibilità. Con INOTA Festival in Ungheria prima, e con la Fondazione Alberto Peruzzo (Padova) poi, abbiamo avuto la grande opportunità di avere uno spazio dove sperimentare.
Avere uno spazio a disposizione significa poter scegliere cosa è più adatto sulla base del contesto e ci ha aiutato molto a progredire con la ricerca. La prima versione è stata realizzata in una forma installativa, sia per Fondazione Alberto Peruzzo sia per INOTA Festival.
In queste passate occasioni abbiamo utilizzato le tecnologie a disposizione, per noi in quel momento adatte alla narrazione che intendevamo raccontare. Le sequenze di immagini si trasformavano una nell’altra, creando così un senso di allucinazione e di flusso di coscienza molto simile all’esperienza del sogno.
Successivamente, anche grazie all’evoluzione tecnologica e alla possibilità di generare queste immagini in tempo reale, abbiamo pensato che potesse essere interessante fare qualcosa dal vivo, recuperando un’idea che avevamo formulato in prima battuta, ovvero quella di lavorare con un danzatore. Poi tutto è successo in una concatenazione di eventi e di opportunità. Abbiamo così incontrato Diego Tortelli, coreografo del Centro Coreografico Nazionale Aterballetto, con cui già da tempo volevamo collaborare.
Come vi siete relazionati con queste banche dati? In cosa e dove i loro criteri di archiviazione hanno incontrato i vostri?
Matteo Salsi: La primissima cosa che abbiamo fatto era noi stessi provare a capire che cos’era questo dataset. Parliamo di 28 mila e più sogni. Era impossibile leggerli tutti. Oggi la tecnologia ci dà l’opportunità di sintetizzare queste informazioni visivamente; possiamo distribuire questi sogni in uno spazio tridimensionale ordinandoli per significato ed è letteralmente quello che abbiamo fatto: una nuvola di punti dove i sogni erano raggruppati per cluster tematici. Era possibile capire quali erano i temi più ricorrenti all’interno del dataset con una cognizione di causa maggiore rispetto a quella che può fornire una navigazione casuale dei dati.
Abbiamo così estrapolato temi ricorrenti, attraverso parole che ricorrono più frequentemente di altre. Ci siamo chiesti come poter restituire l’idea di una cosa così grande. È a questo punto che si è presentato il lavoro curatoriale. Siamo andati noi a collegare i punti e a tracciare una linea di una narrazione che non abbraccia l’intero dataset, piuttosto la storia che eravamo interessati noi a raccontare.
Prima avete accennato alla vostra metodologia di lavoro. Possiamo tornare su questo punto? Quando sono venuta nel vostro studio, ormai qualche anno fa, sono stata investita da una enorme energia con la presenza di tanti professionisti di formazione diversa, tutti interessati ad ascoltarsi gli uni con gli altri. Potete soffermarvi un pochino su questo aspetto legato alla progettazione?
Il nostro modo di lavorare in squadra è totalmente sinergico. Per quanto ci siano persone che si occupano di singole parti del progetto, c’è una continua contaminazione tra di noi. Spesso studiamo un tema, avviamo collaborazioni anche con scienziati, investiamo nella ricerca, per poter poi tirare fuori quante più idee ed esperienze possibili.
Come accade per molti dei nostri progetti, Onirica () è in continua evoluzione, ha preso forme diverse, più fisiche pensate per gallerie e musei, altre performative come quella pensata per Videocittà, altre ancora le continueremo ad esplorare in futuro. Questa è una modalità ricorrente del nostro modo di lavo rare.
Mi piacerebbe, a questo punto, entrare nel merito delle dimensioni sonora e musicale. Che ruolo hanno giocato nell’orchestrazione complessiva del lavoro e attraverso le varie versioni?
Mattia: Nella prima versione di Onirica (), quella installativa, volevamo lasciare più spazio alle parole.
Lavorando con i ricercatori molto spesso ci veniva detto che connotare emotivamente un racconto di un sogno poteva in qualche modo spostarne il significato. Ovviamente non siamo stati completamente neutri; siamo artisti. Allo stesso tempo abbiamo voluto cercare un equilibrio con l’aspetto scientifico. Inoltre, in questa prima versione il lavoro sulle voci è stato molto interessante. Volevamo avere voci diverse per ogni sogno; ciascuna doveva rappresentare la persona che sognava, una voce di un bambino, di una donna, di un uomo, di un adulto, di un anziano.
Inizialmente avevamo valutato la possibilità di realizzare le voci con attori veri. Poi abbiamo capito che era praticamente impossibile ottenere questa varietà, oltre ai costi molto alti di questo tipo di processo.
Così abbiamo utilizzato sistemi di generazione di voce artificiale. In fase di lavorazione ci siamo confrontati con diverse questioni: le voci artificiali hanno anche loro allucinazioni. Su dieci prove, una era buona. Alcune voci cambiavano il timbro, iniziavano a urlare, prendevano direzioni inaspettate:. Alla fine però ci siamo resi conto che, per tutte quelle prove riuscite con successo, la resa era veramente molto realistica ed efficace, molto migliore di quanto non lo fosse stato con attori veri.
Nella versione performativa abbiamo reintegrato un’atmosfera musicale molto connotata che avevamo escluso per la prima. Quindi, alcune idee di base, narrative, che abbiamo escluso nella prima versione le abbiamo poi riprese nelle successive.
Quale è il ritmo che scandisce la narrazione di Onirica () nelle sue varie versioni?
Mattia: Un ciclo di sonno completo, che comprende diverse fasi (non-REM e REM), dura in genere 90 minuti. Quindi, 90 minuti di sonno rappresentano un ciclo quasi completo e in una notte di otto ore il sonno attraversa circa 5 cicli, la prima fase di ogni ciclo era un sogno profondo, l’ultima fase è sempre un sogno REM .
Noi sapevamo in che fase del sonno sono emersi i sogni poi registrati nel dataset dell’Università di Bologna. I ricercatori svegliavano i pazienti in momenti molto precisi della notte, quando notavano una certa attività cerebrale in corso, tramite EEG e altri elettrodi connessi ai volontari. Questi parametri avevano la funzione di evidenziare ai ricercatori in quale fase del sonno si trova il soggetto in un determinato momento. Al risveglio, i volontari spiegavano quello che stavano sognando in quel momento al momento del risveglio, che veniva poi trascritto verbatim dai ricercatori.
Nella versione installativa di Onirica (), abbiamo letteralmente tenuto questa scansione del tempo: l’opera è suddivisa in cinque cicli, proprio come in una notte di sonno, mantenendo i sogni del profondo e nella fase del sonno profondo e i sogni REM nella fase REM, ripetendo ciclicamente questo pattern. L’idea era quella di rappresentare un viaggio nel spazio onirico e il suo risveglio.
Anche la performance è divisa in cinque capitoli. Ognuno di questi momenti racconta alcune specifiche tipologie di soglie. Per esempio, il primo capitolo racconta di sogni dove si è soli, il secondo di situazioni dove si incontrano altre persone, familiari, amici, eccetera.
Il terzo capitolo si confronta con gli incubi, il quarto con incontri con persone che non ci sono più e il quinto di risvegli nel sonno. In ciascuno di questi capitoli la musica indirizza molto l’aspetto emotivo. Le voci, in questo caso, sono state realizzate in maniera diversa rispetto all’installazione: sono state registrate tutte dalla stessa persona, da Matteo Amerena, parte del nostro team. Anche questa volta la combinazione tra voce e musica non è stata semplice da gestire. Sono ritmi che si devono intrecciare con il tutto e soprattutto con la danza.
In Onirica (), centrale è la coreografia di Diego Tortelli con il danzatore Hélias Dorvault. Come entra il corpo nella narrazione e nel sogno?
Mattia Carretti: Sicuramente nella versione live, la coreografia e la presenza del corpo aumentano esponenzialmente il livello di complessità di tutto. Nella performance si è scelto di dare al danzatore libertà artistica totale di movimento e di espressione. Poi sono state fatte certamente delle scelte coreografiche pensate sulla base della storia che si stava raccontando.
La coreografia ha seguito la storia e non è stata vincolata in nessun modo alla versione installativa. Inizialmente ci siamo chiesti perché avremmo dovuto mettere un corpo sul palco, cioè che cosa vogliamo raccontare con questo elemento in più.
Ed è stato interessante, secondo me, lo studio che è stato fatto con Diego Tortelli. A lui abbiamo chiesto di ragionare su due elementi fondamentali in relazione al comportamento del corpo nel sonno. Da una parte, sulle mioclonie notturne, quei movimenti involontari come capita quando hai la sensazione di cadere e ti svegli di soprassalto. Si tratta di piccoli disturbi del sonno. Tutti noi ne soffriamo in modo più o meno grave. Dall’altra invece abbiamo considerato il corpo per come questo è percepito all’interno del sogno, con le sue molteplici possibilità di movimento altrimenti impossibili nella realtà.
Abbiamo quindi lavorato coreograficamente su queste due dimensioni; poi Héliasha messo del suo nell’interpretare queste direzioni.
Musica, suono, danza e corpo sono componenti vitali e importantissime di questo progetto. Lo è anche la parte visiva e quella di prompt design che ha contribuito alla generazione delle immagini. Potete raccontarci di questo aspetto? Cosa significa e quali sono state le sfide?
Matteo: Il Prompt Design è stata certamente una sfida. Lo strumento di per sé è molto limitato. Spesso ci siamo trovati ad interpretare a nostra volta il racconto del sogno. Quello che ricevevamo dai dataset era un report testuale; la grandissima sfida era di tradurlo in una dimensione visivo-sonora e molto spesso i modelli di generazione delle immagini non portano ai risultati visivi che ti aspetteresti, quindi devi trovare delle strategie per ingannarli.
Ricordo un prompt dove c’erano questi bambini a forma di uova sul ponte di una nave e poi si tuffavano nell’acqua in mezzo a dei pesci. Il prompt era una convoluzione di uova nel mare con delle braccia e i bambini vestiti da uovo per carnevale. Il modello non era stato allenato a riconoscere questo immaginario. Quindi, spesso e volentieri, è stato necessario trovare una strategia per portare il modello dove volevamo noi.
Abbiamo lavorato con un image to image piuttosto che un text to image puro. Siamo partiti da un’immagine di base per vederla come una sorta di immagine di Rorschach per poi chiedere al modello di interpretarla. Questa è stata un po’ la chiave di impiego del modello per tutta la performance.
Mattia: È stata una vera e propria sfida riuscire ad avvicinarci a qualcosa che sentivamo essere giusto per il progetto. Spesso e volentieri le immagini non riuscivano bene, erano molto stereotipate.
Ti rendi conto di quanto questi modelli soffrano di molti bias, bias che noi stessi, esseri umani occidentali portiamo con noi, con la nostra cultura e il nostro ideale. Ci rendevamo conto che queste immagini, a primo impatto molto belle, erano in realtà troppo perfette, tutte uguali, mancava l’anima, non ci affascinavano tanto quanto poi ci hanno affascinato quando abbiamo provato un po’ alla volta in tanti modi ad hackerare il sistema, a modificarlo, a creare una nostra pipeline, a lavorare per tirar fuori qualcosa di più originale. Abbiamo imparato molte cose e ci siamo accorti che poteva essere un ottimo strumento. Così abbiamo anche pensato che poteva essere giusto fare divulgazione e condivisione di conoscenza con persone che sono anche giustamente intimorite da questo tipo di progresso, conoscendone e valutandone rischi e opportunità. Questo è quello che abbiamo cercato di fare alla Fondazione Peruzzo. Oltre all’installazione, abbiamo cercato di raccontare quello che abbiamo imparato durante tutto il processo.
Come vi siete relazionati con gli spazi e il contesto di Videocittà?
Matteo: Siamo molto legati a questo luogo perché nel 2022 abbiamo realizzato l’installazione Luna Somnium all’interno del Gazometro. È stata la prima installazione ad essere stata ospitata all’interno di quello spazio. È stata un’esperienza per noi estremamente importante. Al di là del progetto in sé, abbiamo capito che impatto l’arte può avere sulla comunità. Restituire il luogo alla comunità attraverso un progetto artistico è stato molto importante, e per noi molto emozionante.
Quindi abbiamo un legame con questo spazio che è diventato anche personale. Avere la possibilità di tornarci con un altro progetto è molto emozionante. Per quanto riguarda Onirica (), ci siamo trovati di fronte ad una situazione molto diversa da quella per la quale il progetto era stato pensato, ovvero per un teatro o uno spazio chiuso con luce e suono controllati. Qui sappiamo che siamo in un contesto all’aperto dove alcune componenti non sono del tutto controllabili.
Alla fine, la performance è andata estremamente bene, e siamo stati molto contenti del risultato nonostante appunto, come anticipato sopra, fossero una location e un contesto diversi dal solito, diversi da quello che ci immaginiamo per Onirica (). Questa performance è un’opera che, come probabilmente si è capito, ha una struttura e una narrazione ben precisa, con diversi ritmi e climax, ed è quindi strano che il pubblico possa arrivare e lasciare la platea a proprio piacimento. Al tempo stesso, nonostante questo, abbiamo ricevuto feedback estremamente positivi, e anche molto interessanti: più vediamo lo spettacolo in tour, più ci relazioniamo con il pubblico e più ci rendiamo conto che è un’opera che ha anche diversi momenti insoliti, quasi inquietanti. Proprio come nella dimensione onirica: questa successione di visioni, di immagini mentali, non può essere controllata e a volte ci ritroviamo a vivere momenti anche di estrema tristezza o paura, felicità o bizzarria – come essere sulle montagne russe. È proprio questo che volevamo suscitare negli spettatori, e siamo felici che la performance sia stata così tanto apprezzata.
Ovviamente, ringraziamo di cuore l’intero team del festival: Francesco Dobrovich, Michele Lotti, e l’intero, fantastico team tecnico con cui abbiamo lavorato.
immagini (all ):«Onirica ()», live at Videocittà, 2025
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V&A East offre una importante opportunità: il Design Trust Fellowship, programma della durata di un anno che assegna a un professionista creativo un finanziamento per svolgere attività di ricerca presso il V&A East Storehouse, lavoro sul campo a Hong Kong, nella Greater Bay Area e in Cina, ove opportuno, e per realizzare una nuova opera creativa, che sarà esposta al V&A East per una stagione di sei mesi.
La prima edizione della V&A East Design Trust Fellowship avrà inizio nell’autunno del 2025 e culminerà con un’opera commissionata che sarà esposta dall’autunno del 2026 alla primavera del 2027.
Ai professionisti viene chiesto di rispondere al tema “Le storie dei vestiti”, con una ricerca incentrata su Hong Kong, la Greater Bay Area e la Cina.
Siamo interessati a progetti radicati nella ricerca oggettuale che esplorino il significato dei vestiti, interrogandosi su ciò che il nostro abbigliamento rivela di noi, dal complesso e intricato rapporto che abbiamo con il nostro corpo al modo in cui il loro design, la loro produzione e il loro smaltimento plasmano il nostro mondo.
Ispirati dalla metodologia di Saidiya Hartman nell’approccio agli archivi, siamo interessati a come “le contro-narrazioni che recuperano il terreno ribelle delle vite umane” possano essere trovate attraverso il lavoro sul campo all’interno e all’esterno del museo.
Basato sulla ricerca, il risultato creativo finale potrà essere realizzato con qualsiasi mezzo, ma i professionisti sono invitati a considerare l’idoneità del loro progetto per un’installazione di sei mesi in un edificio pubblico. Si prega di notare che i costi di produzione del lavoro sono inclusi nella borsa di studio.
Il candidato prescelto riceverà 275.000 HKD per finanziare il proprio tempo, le spese di viaggio, l’alloggio e i costi di produzione di un nuovo lavoro da installare al V&A East. I borsisti possono risiedere in qualsiasi parte del mondo, ma ci aspettiamo che almeno tre settimane di ricerca si svolgano presso il V&A East Storehouse.
Il bando è aperto dal 3 luglio fino alla mezzanotte di venerdì 22 agosto 2025. I candidati sono pregati di inviare in inglese: un piano di ricerca e una proposta concettuale per una nuova opera da esporre al V&A East (non più di 500 parole e fino a cinque immagini); un budget di come intendono allocare i 275.000 HKD; e un CV (non più di 500 parole).
Le candidature saranno esaminate collettivamente dai membri del team V&A East e del team Design Trust. Il team potrà selezionare un piccolo gruppo di candidati e procedere a dei colloqui. I finalisti saranno selezionati entro settembre.
Si prega di inviare le candidature entro venerdì 22 agosto 2025 all’indirizzo designtrustfellowship@vam.ac.uk.
Calendario della borsa di studio
Settembre 2025: nomina del borsista / ottobre-dicembre 2025: fase di ricerca / gennaio-marzo 2026: sviluppo del concept / aprile-settembre 2026: produzione e installazione del nuovo lavoro / ottobre 2026-marzo 2027: esposizione dell’opera commissionata.
Maggiori informazioni su V&A East
V&A East comprende due nuovi siti gemelli nel Queen Elizabeth Olympic Park di Londra. Il V&A East Storehouse offre un accesso completo alla collezione del V&A. Entra dietro le quinte e segui il tuo percorso attraverso il mondo dell’arte, del design, dello spettacolo, della moda e molto altro ancora. Con gallerie, mostre ed eventi che mettono in luce le persone, le idee e la creatività che stanno plasmando la cultura globale in questo momento, il V&A East Museum è il luogo ideale per incontrare persone, trovare ispirazione e nuove idee. Apertura nella zona est di Londra nella primavera del 2026.
Maggiori informazioni su Design Trust
Design Trust è stata fondata nel 2014 da Hong Kong Ambassadors of Design, un ente di beneficenza registrato a Hong Kong dal 2007, come piattaforma di finanziamento e comunità. Design Trust sostiene progetti creativi che sviluppano competenze, iniziative di ricerca e contenuti relativi a Hong Kong e alla Greater Bay Area. Operando in una molteplicità di discipline del design, dalla grafica, ai media, all’architettura, all’ambiente costruito, Design Trust mira ad accelerare attivamente la ricerca creativa, il design e lo sviluppo di progetti significativi che promuovono il ruolo positivo del design.
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FRAME cattura Inner, Outer, Other di Sebastian Kite installazione di luce, suono, specchi, aqua e aria che trasforma l’atrio centrale della Sparkasse di Hildesheim (Germania) in un’esperienza ultraterrena.
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VIDEO POST rilancia Lost in binary Translation 2.0 di Lukas Truniger, installazione che esplora i limiti della percezione delle macchine nel mentre della rilevazione algoritmica della realtà attraverso una webcam in tempo reale.
Questo lavoro riflette gli spettatori su uno schermo LED frammentato, esplorando il ciclo di feedback tra la nostra complessa realtà e la sua rappresentazione digitale semplificata. Il display osserva e analizza in tempo reale, rivelando i limiti della percezione delle macchine (Lukas Truniger via sito – tradotto dall’ inglese)
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Laura Catini: Il tempo è stato presente, seppur sopito sinora, nel tuo esplorare e restituire la Natura. La ricerca sulla sua scansione prende luogo, in un paesaggio che sembra essere ossimoro per l’indagine, in Islanda. In una latitudine, in cui affermi essere tutto sospeso. Quasi a voler rendere evidente qualcosa che non c’è ma si percepisce. È un esame molto legato alla propria psiche…
Roberto Ghezzi: Ho scelto l’Islanda proprio per questo. In quest’isola gli avvenimenti “evidenti” sono rari, si muovono nuvole, icebergs, si muovono le onde del mare, ma nessun albero e, dove sono io, nessun essere umano o animale tranne rari uccelli a tradire la presenza del tempo. Che “forse” c’è, ma non si vede. Si, si intuisce, dentro di noi. Ma se lasciassimo soltanto parlare ciò che ci circonda? Lo sentiremmo ancora così bene, questo flusso, questa freccia verso il futuro?
È difficile dichiarare l’attuale spedizione di ricerca come un fondersi tra arte e scienza, come sostiene la Fisica quantistica in relazione al tempo e nonostante le più recenti scoperte…
Per quanto la mia preparazione non mi permetta di essere un cultore della materia, sono affascinato dagli ultimi studi sul tempo affrontati da molti fisici nel corso degli anni. Ancora mi sconvolge la relatività, e sono più di 100 anni che ne abbiamo contezza. Figuriamoci pensare all’ipotesi della “non esistenza” del tempo.
Lavorando da sempre con lunghe esposizioni (naturografie, foto stenopeiche, ecc), si può però dire, in effetti, che io abbia lavorato sempre con un susseguirsi di eventi, con un accumulo di tracce. Ecco, in questo caso lo studio si è approfondito proprio in tal senso, inseguendo la sequenza di queste tracce, focalizzando l’attenzione su ciò che, dato un certo paesaggio, variava rispetto all’attimo precedente in quello stesso paesaggio. E vi assicuro che in 24 ore, anche in un territorio immobile come l’Islanda degli altipiani interni, si muovono molte cose.
In questa occasione hai deciso di abbandonare le “camere oscure” dell’Annapurna in Nepal per far impiego di una tecnologia di ultima generazione…
Sì, mi piace sempre variare l’approccio al paesaggio, pur rimanendo fedele alla mia ricerca. Grazie al supporto del fotografo e stampatore Antonio Manta ho usufruito di attrezzature di ultima generazione: può sembrare banale, ma fotografare ininterrottamente lo stesso paesaggio per 24 ore richiede prestazioni davvero elevate, in termini di macchina, di batterie, di schede di memoria…e se poi ci si mette anche il clima artico.
Nonostante l’utilizzo di una strumentazione sofisticata, si prevede l’ingresso di alcuni compromessi nel processo creativo…
Non so ancora come realizzerò la restituzione finale dell’opera. Non è detto che sia una fotografia digitale (che già di per sé, vi anticipo, sarebbe un lavoro di una complessità estrema perché immaginate cosa può significare sovrapporre 1500 scatti da 300 megabyte ciascuno, in un unico livello, conservando trasparenze e visibilità). Potrebbe comunque essere anche un’installazione analogica. In definitiva, come spesso è accaduto in passato con altre ricerche, è nel processo, nel percorso, nel viaggio, che ho avuto le più grandi soddisfazioni.
immagini: (cover 1): Roberto Ghezzi, «Iceland Still», 2025, Courtesy the Artist (2) Roberto Ghezzi, «Iceland Still», 2025, Courtesy the Artist (3) Roberto Ghezzi, «Iceland Still», laguna ghiacciata, multipla esposizione 22′, 2025 (4) Roberto Ghezzi, «Iceland Still», Islanda interna, lunga e multipla esposizione 10′, 2025 (5) Roberto Ghezzi, «Iceland Still», i deserti neri, lunga esposizione, 2025
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In occasione dell’ottava edizione di Videocittà, il festival dell’audiovisivo e della cultura digitale che si tiene a Roma dal 2018, Quayola (Roma, 1982) ha presentato in anteprima SOLAR, un’installazione site-specific concepita per l’iconica struttura del Gazometro.
L’opera sfrutta la struttura ferrea del monumento industriale — articolata in pieni e vuoti — per offrire una doppia modalità di visione, sia dall’interno che dall’esterno.
L’installazione propone un’effimera rappresentazione del sole attraverso una coreografia di luci calde e fredde che, accompagnata da una traccia audio alternante momenti distesi e trilli serrati, amplifica la percezione del suo moto apparente e delle diverse fasi della giornata. Lo spettacolo di Solar inizia con una densa effusione di fumo artificiale che inonda l’intero spazio per intensificare gli effetti della luce e creare un’atmosfera rarefatta, quasi cosmica, in cui il pubblico è immerso fisicamente.
Le proiezioni luminose derivano da un braccio robotico – elemento ricorrente nei lavori dell’artista – collocato al centro dell’installazione, e da altri faretti motorizzati ancorati al perimetro circolare della struttura. Il Gazometro, infatti, funge da scheletro dell’installazione e da superficie di proiezione; i fari che colpiscono il reticolo metallico riflettono immagini stroboscopiche di astri luminosi che circondano la stella madre del sistema solare.
SOLAR si inserisce nel percorso di ricerca di Quayola che da tempo osserva e rielabora la natura attraverso l’impiego di nuove tecnologie. Con una durata di circa dieci minuti, l’installazione condensa un’esperienza immersiva che intreccia luce, suono e il genere paesaggistico.
Dopo la prima romana, l’opera prosegue in un tour internazionale, portando con sé la visione di un Sole sintetico capace di reinterpretare il rapporto tra natura, tecnologia e monumentalità urbana.
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Frank Rödel says of his pictures, “Landscape is ambivalent. It is chaos and structure at the same time. It is the co-incidence of opposed elements: beauty as well as violence and an indifferent, cold and terrible lack of empathy.”
The view of the landscape from an aeroplane window might remind us of highly polished stones or microbes under a microscope or the arteries of a river delta, the flower patterns of frost on a window pane, rarely seen in our urban world. These are moments where the large and the small in our natural environment, the macro and microcosm, become transparent, and pictures of becoming and passing provoke in us more than purely scientific interest. The Berlin artist Frank Rödel has been on the hunt for such interferences and interpenetrations since the 1980s, when he made painting and also art photography to understand his experience of the world.”
–From “Portrait of the Earth,” Bilder und Zeiten, No. 30, Feb 2023
You can view more of Franks work at https://www.frank-roedel.de/en/
Linda Saul is a visual artist from Reading, UK. She finds Iceland a rich source of inspiration for her highly textured landscape paintings. She produces her paintings using water based mixed media and collage. This is her fourth visit to NES, having now covered all four seasons here. Linda is a member of the prestigious London-based Royal Watercolour Society.
Linda is also developing a practice in digital, specifically generative, art. A recently completed MSc in mathematics, including a dissertation on tilings, and a background in computer science has led her to start writing code to produce abstract two-dimensional images.
lindasaul.co.uk
Mixed Media IG: @linda.m.saul
Digital Practice IG: @lindasaul.genart
deadline
30 Sep 2025
deadline
03 Sep 2025
deadline
30 Sep 2025
deadline
22 Aug 2025
deadline
14 Dec 2025
deadline
01 Oct 2025
deadline
15 Sep 2025
deadline
14 Sep 2025
deadline
31 Aug 2025
deadline
31 Aug 2025
deadline
27 Aug 2025
deadline
17 Aug 2025
deadline
04 Aug 2025
deadline
31 Jul 2025
Exhibition Dates: September 24, 2025 (Wed) – November 2, 2025 (Sun)
Submission Deadline: August 24, 2025 (Sun)
Accepted artists will be notified by email: Sep 6 (Sat)
Accepted artwork must be delivered by: September 20, 2025 (Sat)
Gallery: Overt Space Gallery & Gifts, 130 E Main Street, Stoughton, WI 53589
Link for submission: https://forms.gle/BrrjHEB3mESx3vSE9
Entry Fee: NO FEE
We invite artists to submit work for our upcoming exhibition, "Bridge Between Abstract and Reality," an exploration of the space where the intangible and the representational meet. This exhibition celebrates Abstract Realism in its many forms—whether through subtle gestures or bold juxtapositions.
This is a non-themed, loosely guided call—you do not need to create new work. We encourage you to select pieces from your existing body of work that speak to this interplay between abstraction and realism.
All accepted artwork will be featured in our gallery and website. This exhibition does not have cash awards.
How to Interpret the Theme
We are looking for artwork that embodies or hints at:
The blending of abstraction with recognizableforms
Imagery that floats between the dreamlike and the concrete
Magical Realism or surrealism grounded in everyday objects or scenes
Symbolic or expressive use of form, line, or color that suggests reality without fully depicting it
Pieces that challenge viewers to question what is real, imagined, or felt
Art that lies on the extreme ends of the spectrum will also be considered
Whether your work leans toward abstract landscapes, narrative figuration with abstract elements, or symbolic compositions that suggest hidden stories, we want to see how you build a bridge between abstraction and representation.
Submission Details
Open to all mediums, original works only. Some sculptures will be accepted.
Up to 2 pieces per artist may be submitted
Upload 1 high resolution image per artwork
All artists residing in the USA are eligible to participate. Artists do not need to be present for the show.
Artwork Requirements
Artwork must be for sale
Artists receive 60% commission on sale
The combined height and width of each artwork should not exceed 100 inches and must not stick out from the wall more than 6”
Artwork should be ready to hang. Our gallery uses the STAS Hanging system and artwork cannot be nailed to the wall
Overt Space is family-friendly and has people of all ages walk through the gallery. Please keep this in mind when submitting artwork
All artists residing in the USA are eligible to participate. Artists do not need to be present for the show.
We aim to curate a show that invites both intellectual reflection and emotional resonance. Our gallery is known for its inclusive, colorful energy—we welcome both seasoned and emerging artists whose work speaks to the in-between.
Emerging and mid-career artists are invited to submit their work for consideration to be published on I Like Your Work's website and art catalog, curated by Shannon Rae Fincke of The Middle Room Gallery and Institute for Visual Arts. All submissions will be considered to be featured on our website, social media, and podcast interviews.
✨International applicants and all mediums accepted.
✨One artist will be selected to be interviewed on I Like Your Work Podcast.
✨Your work will be shared with our network of gallerists and curators.
✨Submissions include 3-5 pieces of work, a CV, and a $25 application fee
This call is for art as a form of speech and expression, focusing on themes of personal truth, social commentary, identity, resistance and the uninhibited creative voice. Entry is open to all artists working in any media. The exhibition will be held at the Limner Gallery from March 5 - 28, 2026.
The 15th Annual PleinAir Salon is an online art competition with 11 monthly cycles, and is open to a variety of mediums and styles. It’s not just for plein air painters! We invite a variety of top master artists, museum directors and gallery owners to judge each month. All monthly winners are automatically included in the Annual Competition where the Grand Prize winner receives $15,000 and has their painting featured on the cover of PleinAir Magazine, the #1 representational art magazine at Barnes & Noble.
In addition to over $50,000 in ALL Cash Prizes, winners receive exposure and recognition through our various magazines, websites, newsletters and social media platforms.
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We invite artists from all backgrounds to submit their artwork for our juried exhibition, “Small Works.” This showcase aims to celebrate the power of small artworks that invites viewers to explore the intricacies of minute details.
All media is welcome, including: painting, sculpture, printmaking, photography, textiles, mixed media, etc. Artwork must not exceed 16 inches in any dimension, including frame.
Small Works is a juried exhibition held at Strata Gallery in Santa Fe, New Mexico. The exhibition will run from January 6 - 23, 2026.
What you'll need:
Artist Statement and Biography may be used for publishing purposes, if accepted.
Application Technical Support:
Please note that Strata Gallery cannot assist with technical issues or upload errors related to file type or file size; for such matters, please contact the Call for Entry (CaFÉ) support team directly, as we will only redirect you to their support team. CaFÉ's support team can be contacted by clicking here.
About Strata Gallery:
Strata Gallery is a non-profit, artist-member gallery with a mission that cultivates artistic discussion and educates the public about the work of contemporary established and emerging artists. Through our mentorship program, our established artists give our emerging artists direct guidance, feedback, and information as they learn to navigate their artistic practice. Through collaborations and discussions, Strata Gallery provides a venue that encourages artists to experiment and re-examine what art is and could be. Strata Gallery does not favor any distinct style and promotes a range of diverse and authentic individual expression through a varied material practice, imagery, style, and ethos independent of any commercial concern. Strata Gallery is located at 125 Lincoln Ave, Suite 111, Santa Fe, New Mexico 87501.
Selection Criteria Include:
Sales of Artwork
Each respective artist will handle the sale and shipping of any sold artwork included in the Small Works exhibition. Strata Gallery will collect contact information of all interested buyers and provide that information to the artist who will then execute the sale and shipping of their artwork. All sold artwork included in the Small Works exhibition will be subject to 20% commission which will be due to Strata Gallery.
Image Format Requirements:
All Galleries
Herrig Center’s annual season opening exhibition, features higher award monies for winners.
Online Submission Dates: July 30 – August 15, 4 pm
Online Notifications: August 19, by 4 pm
In Person Receiving/Drop off: August 27, 9-12 pm
Opening Reception: September 4, 5 – 7 pm
Pick Up: October 11, 9 – 12 pm
First Place: $1500
Second Place: $1000
Third Place: $500
Merit: $250
Honorable Mention (3)
The International Wedding Photographer of the Year Awards (IWPOTY) is the leading global awards program dedicated to celebrating the art of wedding photography. Open to photographers worldwide, IWPOTY offers a platform to showcase creativity, storytelling, and technical excellence across 11 diverse categories, from classic moments and candid captures to epic elopements and intimate documentary work.