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Isabella Tortola e Debora Vrizzi alla Fondazione Gajani

Par : Sara Traumer
8 février 2025 à 13:39
Per l’edizione di Art City 2025 gli spazi della Fondazione Gajani verranno contaminati attraverso il lavoro di due artiste chiamate a collaborare insieme per la prima volta: Isabella Tortola e Debora Vrizzi. Da una parte una fotografa; dall’altra una regista e una videoartista.
Obiettivo della mostra è quello, come sempre, di trovare un dialogo e una narrazione con Carlo Gajani e i suoi spazi: fondazione-galleria e casa d’artista. Se l’anno scorso l’approccio con Francesca Lolli è stato quello della caccia al tesoro, quest’anno, invece, avverrà una vera e propria “emissione dell’arte”.  Parte del mobilio e delle decorazioni architettoniche, infatti, rimarrà visibile; le opere d’arte dell’autore, invece, verranno “nascoste” attraverso l’utilizzo di semplici teli trasparenti.
Il telo si fa, in questo modo, simbolo di una cancellazione che non vuole essere, da parte delle artiste e della curatela, né un’occupazione all’interno della residenza del celebre artista bolognese, né una forma di remissione rispetto alla sua arte. L’obiettivo è semplicemente quello di ribaltare la visione e lo sguardo di chi, come ospite, entrerà all’interno della mostra durante la manifestazione. Cosa succede se il luogo che ci aspettiamo di trovare ricolmo di arte, si ritrovasse svuotato da tutto? Che significato produrrebbe nella mente dello spettatore? Una cancellazione che non vuole essere un ribaltamento dell’arte di Gajani, ma un vero e proprio cambio di significato, un’eliminazione alla Emilio Isgrò: cancellare per svelare il paradosso, giocare con l’ovvio e sulle aspettative di chi, da tempo, forse si è troppo abituato a dare per scontato ciò che ha davanti. In questo modo, l’arte, da mero oggetto commerciale, da banalità, da ovvietà riprende forza e spazio, urlando e manifestandosi attraverso la sua stessa assenza.
Per entrare più nel dettaglio Debora Vrizzi ci ha spiegato i retroscena.

 Sara Papini. Come nasce il progetto Blinding Plan?

Debora Vrizzi. Blinding Plan è nato nel 2011 come una provocazione nei confronti di quella politica che in Italia svaluta la cultura. Mi sono posta questa domanda “come sarebbe un mondo senza cultura?”.

Ho girato il primo Blinding Plan (piano di accecamento) al Museo MAXXI di Roma, filmando alcuni spettatori inconsapevoli mentre visitavano il museo. In un secondo momento ho cancellato dalle pareti le opere esposte lasciando invece lo sguardo al vuoto degli spettatori.

La cancellazione delle opere ha avuto l’effetto di sottolineare il rapporto tra il pubblico, l’opera d’arte contemporanea e i musei che la contengono.

In questo primo video ho voluto sottolineare come spesso l’arte contemporanea viene fruita ma non capita, vissuta con sufficienza o frustrazione, noia o ironia. Frequentare i grandi musei d’arte contemporanea (luoghi per eccellenza di consacrazione dell’opera d’arte e dell’artista), è oggi diventato un pellegrinaggio culturale, un rito obbligatorio che lascia spesso indifferente il pubblico.

Lo spazio vuoto che rimane si riempie di metafore, lasciando spazio a diverse possibilità di riflessione, in particolare rende palese l’incapacità di vedere e capire l’arte che viene proposta al grande pubblico.

 Il passaggio dal primo al secondo video, come è stato tornare a lavorare sullo stesso concetto?

La lettura del saggio L’inverno della cultura è stato fondamentale per il secondo video “Blinding Plan The Cathedral”. In questo saggio Jean Clair si interroga sulla giusta “forma” da dare ai musei, paragonandoli a delle chiese. A questo punto, una volta spogliati delle opere d’arte, i musei sono diventati per me delle grandi cattedrali vuote. Le cattedrali gotiche erano orientate verso est, per intercettare e celebrare il sorgere del sole. Al loro confronto, i musei sembrano cattedrali contemporanee che hanno perso il loro orientamento – come se la cultura non avesse più una direzione. Credo che i musei possano ancora cercare di essere cattedrali: sono tra i pochi luoghi in cui i cittadini possono celebrare il trovarsi, il raccoglimento, la concentrazione, la contemplazione, l’ascendere a qualcosa di più luminoso.

Art City e Fondazione Gajani, come ti senti per questa esperienza?

Ho visitato di recente la Fondazione Gajani che accoglie il visitatore dentro un’atmosfera avvolgente e ricca di stimoli. Mi sembra una bellissima e insolita opportunità espositiva, ideata da Sara Papini e Giuseppe Virelli.

L’esposizione a cui sono stata invitata mi pare che ben si concilia con il principio di Art City di coinvolgere un vasto pubblico e ampliare gli spazi espositivi nella città di Bologna. Principio che tra l’altro mi pare in linea con l’auspicio intrinseco nel mio progetto Blinding Plan di smuovere le istituzioni museali per farle diventare qualcosa di dinamico, interdisciplinare che propone un’arte inclusiva e un dialogo tra passato e presente con spazi inusuali della città.

 

 

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