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Dino Ignani 80’s Dark Rome

C’erano tutti all’inaugurazione della mostra 80’s Dark Rome di Dino Ignani al  Museo di Roma in Trastevere. Una moltitudine di persone che si cercavano e si riconoscevano nei ritratti scattati 40 anni fa da Ignani ai giovani della comunità dark di Roma. Tra le fotografie e il pubblico, tra passato e presente, filtrava un’aura di protagonismo, denso di ricordi e sorprese; le immagini e i loro osservatori sembravano rievocare la veste allegorica di una mitologia epocale che Ignani aveva definito nelle sue fotografie.

80’s Dark Rome è infatti l’esplorazione e il documento di un periodo specifico della cultura giovanile romana. Le immagini sono ritratti che si concentrano sull’estetica Dark nei primi anni Ottanta del secolo scorso, cioè sui “giovani-adulti che a Roma animavano i club della cosiddetta scena dark, un cuneo ottico nero non così univoco ma di un’inedita gamma di declinazioni estetiche e identitarie che rifluivano su altri mood e stili dell’epoca”, come scrive Matteo Di Castro nell’introduzione al libro dedicato alla mostra.

Il momento storico è molto significativo, segnato dalla disintegrazione delle militanze culturali e politiche del decennio precedente, e caratterizzato da un ripiegamento che si esprime con una sterzata sull’esteriorità, ribaltando l’ideologia in un mood narcisistico e alternativo. Emergono sottoculture come il goth e il post-punk che hanno influenzato profondamente il teatro, la poesia, la moda e in particolare la musica. I giovani Dark, in qualche misura reduci inconsapevoli degli anni di piombo, si caratterizzano per la prevalenza di un look basato sul colore nero negli abbigliamenti, negli accessori e negli atteggiamenti, spesso in differenti combinazioni che testimoniano forme di espressione individuale e di ribellione contro norme sociali ed estetiche codificate. I loro ritratti riflettono temi di introspezione, alienazione, e soprattutto una diffusa ricerca di appartenenza.

Dino Ignani tra il 1982 e il 1985 segue i gruppi Dark di cui è diventato amico nelle notti romane, nei locali e nelle discoteche e li fotografa sistematicamente, seguendo un metodo costante. Non li riprende mentre ballano o interagiscono tra loro ma in pose frontali, facendone gli interpreti iconici di derive collettive. Il suo è “un modo aperto per fotografare la scena del clubbing per cui si attraggono i protagonisti di un movimento, non per un processo selettivo ed esclusivo ma per volontà e spirito di partecipazione ad un immaginario, ad uno stile e a un desiderio comune” (Matteo Di Castro).

Nei locali Ignani si colloca in un angolo tranquillo con la sua attrezzatura fotografica, reflex sul cavalletto, inquadratura frontale, pellicola in bianco nero, set preferibilmente neutro, minimo margine lasciato allo sfondo, illuminazione continua con un faro da 1000 watt e ombrello, tempo di posa contenuto.  Uno scatto a testa e si creava la fila, erano tutti ben disposti a partecipare a questo “gioco”, racconta Dino.

Le foto vengono a formare una serie in cui si intersecano codici, stereotipi e individualità. I volti di ragazze e ragazzi Dark si atteggiano senza sorridere, abbigliati e truccati con cura, gli occhi fissi nell’obiettivo con uno sguardo penetrante che sembra condividere quello del fotografo che li ritrae. Sguardi diversi e simili che raccontano una dimensione autobiografica e culturale.

Creare un set fotografico nei locali e invitare i partecipanti di questa piccola e disincantata compagine a farsi riprendere non solo rende la fotografia un’esperienza interattiva, ma permette anche di catturare l’essenza e l’immediatezza delle emozioni tra percezione e identificazione. Perché la posa frontale non ha vie di fuga, si pone al di fuori della temporalità immediata e dell’improvvisazione dell’istantanea. È un metodo mentale, programmato; nella posa il soggetto attende lo scatto, certamente si atteggia, si maschera, ma soprattutto vuole che la sua immagine –  volto, look e corpo – siano fissati in quel modo e in quel momento, stabilendo una sorta di complicità con il fotografo.

Nella posa c’è una tensione concettuale che corrisponde perfettamente alla capacità della fotografia di modificare l’oggetto che riprende, interpretandolo ben oltre la semplice registrazione e ponendo la percezione sul confine di un’evidenza ineccepibile. E questo processo di elaborazione si configura nella fotografia di Dino Ignani come elemento di una serie che assume il senso di un’indagine su cosa sia ritratto, cosa significhi per il fotografo e per coloro che sono fotografati.

Non a caso Dino si è concentrato da sempre sul ritratto inteso come elemento di una complessa rete di relazioni nei tempi e negli spazi del vissuto, utilizzando la fotografia come strumento di analisi capace di filtrare fisionomie ed espressioni, ambienti e contesti; ha privilegiato soprattutto poeti e scrittori cui ha dedicato serie ormai famose e preziose come Intimi ritratti.

La mostra 80’s Dark Rome ha chiuso il 12 gennaio 2025: rimane il libro Dino Ignani, Dak Roma 1982-1985, a cura di Matteo Di Castro con Elena Marasca, testi di Matteo Di Castro, Daniela Amenta, Diego Mormorio, Viaindustriae Publishing 2024. E soprattutto rimane la capacità creativa di Dino Ignani che continua ad arricchire il suo archivio accentuando il procedimento performativo di tutto il progetto, attraverso l’inserimento nella dimensione social; ha fotografato giorno per giorno con il cellulare i visitatori della sua mostra e ha inserito le immagini sul profilo facebook   80’s Dark Portraits by Dino Ignani.

Con la leggerezza di un’accoglienza personale e amichevole sta così realizzando un’altra serie, i Visitors; è un’ulteriore versione del significato simbolico del ritratto e del suo rapporto con i volti, le facce, la postura e l’abbigliamento, la circostanza e il contesto (va ricordato in proposito anche il progetto iniziato con Vernissage alla Biennale di Venezia 2003). Nei Visitors viene a formarsi con apparente facilità e naturalezza un dialogo tra il fotografo, gli spazi e le immagini della sua mostra e quel tipo di persona che è chi va a vedere una mostra. E in particolare questa mostra 80’s Dark Rome.

Il set fotografico è ora la mostra stessa, con la dinamicità del percorso e delle percezioni; il ritmo della serie è diverso, con una intenzionalità meno circoscritta, con incontri differenziati e maggiore spazio alla contingenza. Ci sono gruppi e persone ripresi a sorpresa in qualche istantanea mentre osservano le foto; ma nella maggioranza gli scatti sono frontali, gli sfondi sono scelti dai visitatori stessi, ancora una volta in posa ma con un look casual e per lo più sorridenti con quel sorriso un po’ divertito e un po’ così che si piazza sul viso quando siamo fotografati. Ci sono giovani e meno giovani, amici, artisti, altri fotografi. Immagini che compongono un’altra mostra nella mostra e intessono uno splendido dialogo con le foto dei Dark. E ci sono anche alcune ragazze che spavaldamente ripropongono i dark di una volta con un look perfettamente impostato ma aggiornato sull’outfit fluo e techno del ventunesimo secolo. Altri sguardi dunque, volti, personaggi e contesti che continuano nei Visitors il corto circuito tra immagine, invenzione, percezione, identificazione e metafora che caratterizza il fare ritratti di Dino Ignani. Mentre il visibile fotografico si anima e a risuona nelle interconnessioni del social.

Dino Ignani 80’s Dark Rome, a cura di Matteo Di Castro, Museo di Roma in Trastevere, mostra promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con i servizi museali di Zètema Progetto Cultura.

Dino Ignani, Dak Roma 1982-1985, cat. mostra (Museo di Roma Intrastevere 11.09.2024 – 25.01.2025), a cura di Dino Ignani (artista) e Matteo Di Castro (Curatore), Viaindustriae editore, 2024

 

 

 

 

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