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22nd International Performing Arts Conference

22nd International Performing Arts Conference

For: Theatre artists and directors, dancers and choreographers, circus artists, movement and drama teachers, researchers, producers. Where: Berlin, Germany When: December 18-22, 2025 Deadline for applications: December 6, 2025 22nd International Conference “Performing Arts Between Tradition & Contemporaneity”December 18-22, 2025 | Schloss Laubegg (Laubegg Castle), Austria For: Theatre artists and directors, dancers and choreographers, circus […]

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‘The Moving Soul’ Physical Theatre & Devising Residency with Temper Theatre Artistic Director, Finn Morrell

'The Moving Soul' Physical Theatre & Devising Residency with Temper Theatre Artistic Director, Finn Morrell

Explore the world of internationally acclaimed physical theatre company Temper Theatre with their unique 5 day creative residency. This residency is designed to empower artists, directors, theatre companies, actors, dancers and physical performers to deepen their creative practice and explore unusual and exciting ensemble storytelling techniques. Where: THEATRE YOUNG, Shanghai, China When: 15-19 September, 2025 […]

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Dentro al sogno. In dialogo con fuse* a Videocittà

Abbiamo incontrato Mattia Carretti, co-founder di fuse* (con Luca Camellini) e Matteo Salsi, che nella grande squadra di questo collettivo multidisciplinare è Designer e Creative Coder. Assieme abbiamo parlato di Onirica (), progetto avviato nel 2023 che nel giorno del nostro incontro (2 luglio 2025) andava in scena in una versione live sul palco di Videocittà, il festival romano ideato da Rutelli dedicato alla cultura digitale e da qualche anno ospitato nei suggestivi spazi di archeologia industriale del Gazometro di Roma.
In tutte le versioni di questa serie, Onirica () è entrata letteralmente nella dimensione del sogno attraverso l’impiego di algoritmi che restituiscono nelle forme più diverse dati relativi al sonno, in questo caso grazie alla collaborazione con due importanti dream banks: quella dell’Università di Bologna e quella della University of California Santa Cruz.
Dopo le versioni installative realizzate per INOTA Festival in Ungheria e la Fondazione Alberto Peruzzo a Padova, Onirica () è arrivata a Videocittà in una versione performativa live, in collaborazione con Diego Trotelli, coreografo del Centro Coreografico Nazionale Aterballetto.
Mattia Carretti e Matteo Salsi sono entrati nel merito di alcuni aspetti legati alla progettazione di Onirica () in tutte le sue diverse versioni, dal lavoro di selezione con i dati, alla restituzione di questi nelle diverse forme –  installativa e performativa – con l’intenzione di ricongiungere i dati alla dimensione intima e misteriosa del sogno, più di ogni altra cosa umana. Nel raccontare di alcune scelte cruciali, non in ultimo, sono entrati nel vivo della loro metodologia di progettazione in qualità di squadra multidisciplinare.

Elena Giulia Rossi: Vi chiedo subito di Onirica (), del progetto che avete ideato per Videocittà, ma anche di tutta la serie in progress nata per esplorare la dimensione del sogno e il suo incontro con le logiche algoritmiche.

Mattia Carretti ( co-founder di fuse*): Onirica () è un progetto nato dall’idea di portare assieme il mondo AI, attraverso tecniche di machine learning, con un’esperienza puramente umana, quale è quella del sogno. Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto effettivamente nel 2022 ma era frutto di una ricerca avviata molto prima, nel 2018, quando sperimentavamo con un sistema AI piuttosto rudimentale. Dopo, chiaramente, le possibilità espressive si sono evolute esponenzialmente con il progresso delle tecnologie.

Inizialmente l’esplorazione di alcune tecniche di analisi dati e della loro traduzione in immagini faceva parte di un processo di ricerca parallelo a questo. Non eravamo ancora a conoscenza dell’esistenza di queste due banche dati con cui poi abbiamo lavorato, quella dell’Università di Bologna e quella della University of California Santa Cruz. Quando le abbiamo scoperte, abbiamo pensato che questo materiale sui sogni organizzato in un dataset si sarebbe prestato benissimo per portare assieme realtà onirica ed esistenza artificiale.

Abbiamo avviato la progettazione inizialmente con Matteo per la parte visiva e poi con un team più esteso, come di solito facciamo nel nostro lavoro di squadra, portando assieme competenze diverse. Sono venute fuori diverse idee e diverse possibilità. Con INOTA Festival in Ungheria prima, e con la Fondazione Alberto Peruzzo (Padova) poi, abbiamo avuto la grande opportunità di avere uno spazio dove sperimentare.

Avere uno spazio a disposizione significa poter scegliere cosa è più adatto sulla base del contesto e ci ha aiutato molto a progredire con la ricerca. La prima versione è stata realizzata in una forma installativa, sia per Fondazione Alberto Peruzzo sia per INOTA Festival.

In queste passate occasioni abbiamo utilizzato le tecnologie a disposizione, per noi in quel momento adatte alla narrazione che intendevamo raccontare. Le sequenze di immagini si trasformavano una nell’altra, creando così un senso di allucinazione e di flusso di coscienza molto simile all’esperienza del sogno.

Successivamente, anche grazie all’evoluzione tecnologica e alla possibilità di generare queste immagini in tempo reale, abbiamo pensato che potesse essere interessante fare qualcosa dal vivo, recuperando un’idea che avevamo formulato in prima battuta, ovvero quella di lavorare con un danzatore. Poi tutto è successo in una concatenazione di eventi e di opportunità. Abbiamo così incontrato Diego Tortelli, coreografo del Centro Coreografico Nazionale Aterballetto, con cui già da tempo volevamo collaborare.

Come vi siete relazionati con queste banche dati? In cosa e dove i loro criteri di archiviazione hanno incontrato i vostri?

Matteo Salsi: La primissima cosa che abbiamo fatto era noi stessi provare a capire che cos’era questo dataset. Parliamo di 28 mila e più sogni. Era impossibile leggerli tutti. Oggi la tecnologia ci dà l’opportunità di sintetizzare queste informazioni visivamente; possiamo distribuire questi sogni in uno spazio tridimensionale ordinandoli per significato ed è letteralmente quello che abbiamo fatto: una nuvola di punti dove i sogni erano raggruppati per cluster tematici. Era possibile capire quali erano i temi più ricorrenti all’interno del dataset con una cognizione di causa maggiore rispetto a quella che può fornire una navigazione casuale dei dati.

Abbiamo così estrapolato temi ricorrenti, attraverso parole che ricorrono più frequentemente di altre. Ci siamo chiesti come poter restituire l’idea di una cosa così grande. È a questo punto che si è presentato il lavoro curatoriale. Siamo andati noi a collegare i punti e a tracciare una linea di una narrazione che non abbraccia l’intero dataset, piuttosto la storia che eravamo interessati noi a raccontare.

Prima avete accennato alla vostra metodologia di lavoro. Possiamo tornare su questo punto? Quando sono venuta nel vostro studio, ormai qualche anno fa, sono stata investita da una enorme energia con la presenza di tanti professionisti di formazione diversa, tutti interessati ad ascoltarsi gli uni con gli altri. Potete soffermarvi un pochino su questo aspetto legato alla progettazione?

Il nostro modo di lavorare in squadra è totalmente sinergico. Per quanto ci siano persone che si occupano di singole parti del progetto, c’è una continua contaminazione tra di noi. Spesso studiamo un tema, avviamo collaborazioni anche con scienziati, investiamo nella ricerca, per poter poi tirare fuori quante più idee ed esperienze possibili.

Come accade per molti dei nostri progetti, Onirica () è in continua evoluzione, ha preso forme diverse, più fisiche pensate per gallerie e musei, altre performative come quella pensata per Videocittà, altre ancora le continueremo ad esplorare in futuro. Questa è una modalità ricorrente del nostro modo di lavo rare.

Mi piacerebbe, a questo punto, entrare nel merito delle dimensioni sonora e musicale. Che ruolo hanno giocato nell’orchestrazione complessiva del lavoro e attraverso le varie versioni?

Mattia: Nella prima versione di Onirica (), quella installativa, volevamo lasciare più spazio alle parole.

Lavorando con i ricercatori molto spesso ci veniva detto che connotare emotivamente un racconto di un sogno poteva in qualche modo spostarne il significato. Ovviamente non siamo stati completamente neutri; siamo artisti. Allo stesso tempo abbiamo voluto cercare un equilibrio con l’aspetto scientifico. Inoltre, in questa prima versione il lavoro sulle voci è stato molto interessante. Volevamo avere voci diverse per ogni sogno; ciascuna doveva rappresentare la persona che sognava, una voce di un bambino, di una donna, di un uomo, di un adulto, di un anziano.

Inizialmente avevamo valutato la possibilità di realizzare le voci con attori veri. Poi abbiamo capito che era praticamente impossibile ottenere questa varietà, oltre ai costi molto alti di questo tipo di processo.

Così abbiamo utilizzato sistemi di generazione di voce artificiale. In fase di lavorazione ci siamo confrontati con diverse questioni: le voci artificiali hanno anche loro allucinazioni. Su dieci prove, una era buona. Alcune voci cambiavano il timbro, iniziavano a urlare, prendevano direzioni inaspettate:. Alla fine però ci siamo resi conto che, per tutte quelle prove riuscite con successo, la resa era veramente molto realistica ed efficace, molto migliore di quanto non lo fosse stato con attori veri.

Nella versione performativa abbiamo reintegrato un’atmosfera musicale molto connotata che avevamo escluso per la prima. Quindi, alcune idee di base, narrative, che abbiamo escluso nella prima versione le abbiamo poi riprese nelle successive.

Quale è il ritmo che scandisce la narrazione di Onirica () nelle sue varie versioni?

Mattia: Un ciclo di sonno completo, che comprende diverse fasi (non-REM e REM), dura in genere 90 minuti. Quindi, 90 minuti di sonno rappresentano un ciclo quasi completo e in una notte di otto ore il sonno attraversa circa 5 cicli, la prima fase di ogni ciclo era un sogno profondo, l’ultima fase è sempre un sogno REM .

Noi sapevamo in che fase del sonno sono emersi i sogni poi registrati nel dataset dell’Università di Bologna. I ricercatori svegliavano i pazienti in momenti molto precisi della notte, quando notavano una certa attività cerebrale in corso, tramite EEG e altri elettrodi connessi ai volontari. Questi parametri avevano la funzione di evidenziare ai ricercatori in quale fase del sonno si trova il soggetto in un determinato momento. Al risveglio, i volontari spiegavano quello che stavano sognando in quel momento al momento del risveglio, che veniva poi trascritto verbatim dai ricercatori.

Nella versione installativa di Onirica (), abbiamo letteralmente tenuto questa scansione del tempo: l’opera è suddivisa in cinque cicli, proprio come in una notte di sonno, mantenendo i sogni del profondo e nella fase del sonno profondo e i sogni REM nella fase REM, ripetendo ciclicamente questo pattern. L’idea era quella di rappresentare un viaggio nel spazio onirico e il suo risveglio.

Anche la performance è divisa in cinque capitoli. Ognuno di questi momenti racconta alcune specifiche tipologie di soglie. Per esempio, il primo capitolo racconta di sogni dove si è soli, il secondo di situazioni dove si incontrano altre persone, familiari, amici, eccetera.

Il terzo capitolo si confronta con gli incubi, il quarto con incontri con persone che non ci sono più e il quinto di risvegli nel sonno. In ciascuno di questi capitoli la musica indirizza molto l’aspetto emotivo. Le voci, in questo caso, sono state realizzate in maniera diversa rispetto all’installazione: sono state registrate tutte dalla stessa persona, da Matteo Amerena, parte del nostro team. Anche questa volta la combinazione tra voce e musica non è stata semplice da gestire. Sono ritmi che si devono intrecciare con il tutto e soprattutto con la danza.

In Onirica (), centrale è la coreografia di Diego Tortelli con il danzatore Hélias Dorvault. Come entra il corpo nella narrazione e nel sogno?

Mattia Carretti: Sicuramente nella versione live, la coreografia e la presenza del corpo aumentano esponenzialmente il livello di complessità di tutto. Nella performance si è scelto di dare al danzatore libertà artistica totale di movimento e di espressione. Poi sono state fatte certamente delle scelte coreografiche pensate sulla base della storia che si stava raccontando.

La coreografia ha seguito la storia e non è stata vincolata in nessun modo alla versione installativa. Inizialmente ci siamo chiesti perché avremmo dovuto mettere un corpo sul palco, cioè che cosa vogliamo raccontare con questo elemento in più.

Ed è stato interessante, secondo me, lo studio che è stato fatto con Diego Tortelli. A lui abbiamo chiesto di ragionare su due elementi fondamentali in relazione al comportamento del corpo nel sonno. Da una parte, sulle mioclonie notturne, quei movimenti involontari come capita quando hai la sensazione di cadere e ti svegli di soprassalto. Si tratta di piccoli disturbi del sonno. Tutti noi ne soffriamo in modo più o meno grave. Dall’altra invece abbiamo considerato il corpo per come questo è percepito all’interno del sogno, con le sue molteplici possibilità di movimento altrimenti impossibili nella realtà.

Abbiamo quindi lavorato coreograficamente su queste due dimensioni; poi Héliasha messo del suo nell’interpretare queste direzioni.

Musica, suono, danza e corpo sono componenti vitali e importantissime di questo progetto. Lo è anche la parte visiva e quella di prompt design che ha contribuito alla generazione delle immagini. Potete raccontarci di questo aspetto? Cosa significa e quali sono state le sfide?

Matteo: Il Prompt Design è stata certamente una sfida. Lo strumento di per sé è molto limitato. Spesso ci siamo trovati ad interpretare a nostra volta il racconto del sogno. Quello che ricevevamo dai dataset era un report testuale; la grandissima sfida era di tradurlo in una dimensione visivo-sonora e molto spesso i modelli di generazione delle immagini non portano ai risultati visivi che ti aspetteresti, quindi devi trovare delle strategie per ingannarli.

Ricordo un prompt dove c’erano questi bambini a forma di uova sul ponte di una nave e poi si tuffavano nell’acqua in mezzo a dei pesci. Il prompt era una convoluzione di uova nel mare con delle braccia e i bambini vestiti da uovo per carnevale. Il modello non era stato allenato a riconoscere questo immaginario. Quindi, spesso e volentieri, è stato necessario trovare una strategia per portare il modello dove volevamo noi.

Abbiamo lavorato con un image to image piuttosto che un text to image puro. Siamo partiti da un’immagine di base per vederla come una sorta di immagine di Rorschach per poi chiedere al modello di interpretarla. Questa è stata un po’ la chiave di impiego del modello per tutta la performance.

Mattia: È stata una vera e propria sfida riuscire ad avvicinarci a qualcosa che sentivamo essere giusto per il progetto. Spesso e volentieri le immagini non riuscivano bene, erano molto stereotipate.

Ti rendi conto di quanto questi modelli soffrano di molti bias, bias che noi stessi, esseri umani occidentali portiamo con noi, con la nostra cultura e il nostro ideale. Ci rendevamo conto che queste immagini, a primo impatto molto belle, erano in realtà troppo perfette, tutte uguali, mancava l’anima, non ci affascinavano tanto quanto poi ci hanno affascinato quando abbiamo provato un po’ alla volta in tanti modi ad hackerare il sistema, a modificarlo, a creare una nostra pipeline, a lavorare per tirar fuori qualcosa di più originale. Abbiamo imparato molte cose e ci siamo accorti che poteva essere un ottimo strumento. Così abbiamo anche pensato che poteva essere giusto fare divulgazione e condivisione di conoscenza con persone che sono anche giustamente intimorite da questo tipo di progresso, conoscendone e valutandone rischi e opportunità. Questo è quello che abbiamo cercato di fare alla Fondazione Peruzzo. Oltre all’installazione, abbiamo cercato di raccontare quello che abbiamo imparato durante tutto il processo.

Come vi siete relazionati con gli spazi e il contesto di Videocittà?

Matteo: Siamo molto legati a questo luogo perché nel 2022 abbiamo realizzato l’installazione Luna Somnium all’interno del Gazometro. È stata la prima installazione ad essere stata ospitata all’interno di quello spazio. È stata un’esperienza per noi estremamente importante. Al di là del progetto in sé, abbiamo capito che impatto l’arte può avere sulla comunità. Restituire il luogo alla comunità attraverso un progetto artistico è stato molto importante, e per noi molto emozionante.

Quindi abbiamo un legame con questo spazio che è diventato anche personale. Avere la possibilità di tornarci con un altro progetto è molto emozionante. Per quanto riguarda Onirica (), ci siamo trovati di fronte ad una situazione molto diversa da quella per la quale il progetto era stato pensato, ovvero per un teatro o uno spazio chiuso con luce e suono controllati. Qui sappiamo che siamo in un contesto all’aperto dove alcune componenti non sono del tutto controllabili.

Alla fine, la performance è andata estremamente bene, e siamo stati molto contenti del risultato nonostante appunto, come anticipato sopra, fossero una location e un contesto diversi dal solito, diversi da quello che ci immaginiamo per Onirica (). Questa performance è un’opera che, come probabilmente si è capito, ha una struttura e una narrazione ben precisa, con diversi ritmi e climax, ed è quindi strano che il pubblico possa arrivare e lasciare la platea a proprio piacimento. Al tempo stesso, nonostante questo, abbiamo ricevuto feedback estremamente positivi, e anche molto interessanti: più vediamo lo spettacolo in tour, più ci relazioniamo con il pubblico e più ci rendiamo conto che è un’opera che ha anche diversi momenti insoliti, quasi inquietanti. Proprio come nella dimensione onirica: questa successione di visioni, di immagini mentali, non può essere controllata e a volte ci ritroviamo a vivere momenti anche di estrema tristezza o paura, felicità o bizzarria – come essere sulle montagne russe. È proprio questo che volevamo suscitare negli spettatori, e siamo felici che la performance sia stata così tanto apprezzata.

Ovviamente, ringraziamo di cuore l’intero team del festival: Francesco Dobrovich, Michele Lotti, e l’intero, fantastico team tecnico con cui abbiamo lavorato.

immagini (all ):«Onirica ()», live at Videocittà, 2025

Onirica () è progetto di fuse* | Regia: Mattia Carretti | Produzione esecutiva: Mattia Carretti, Luca Camellini | Coreografia: Diego Tortelli | Performer: Hélias Salvador Dorvault | Musica e sound design: Riccardo Bazzoni | Responsabile del visual design: Matteo William Salsi | Sviluppo software: Matteo William Salsi, Alessandro Mintrone, Matteo Amerena | Selezione dei sogni: Alessandro Mintrone | Voci dei sogni: Matteo Amerena | Progettazione dei prompt: Alessandro Mintrone, Matteo William Salsi, Mattia Carretti, Matteo Amerena | Progettazione luci: Stefano Cane, Matteo Amerena | Direzione tecnica: Matteo Amerena | Ingegneria hardware: Matteo Amerena, Matteo William Salsi, Alessandro Mintrone | Comunicazione e copywriting: Virginia Bianchi | Assistenti di produzione: Filippo Aldovini, Virginia Bianchi, Martina Reggiani | Documentazione fotografica e video: Matteo Torsani, Emmanuele Coltellacci. Le immagini di Onirica () sono basate su una pipeline che integra la libreria Diffusers: state-of-the-art diffusion model sviluppata da Huggingface e OpenGL Shading Language (GLL). La performance è realizzata con MOCAP Perception Neuron di NOITOM.
Fondato nel 2007, fuse* è uno studio dedicato all’esplorazione del potenziale creativo delle tecnologie contemporanee e della loro profonda influenza sul modo in cui viviamo, pensiamo e ci relazioniamo con il mondo.
Guidato dai fondatori Mattia Carretti (1981) e Luca Camellini (1981), lo studio riunisce un gruppo multidisciplinare di artisti, architetti, ingegneri e designer che collaborano alla creazione di progetti innovativi, opere d’arte, spettacoli e mostre, dedicandosi al contempo alla ricerca e alla sperimentazione. Ispirati dall’osservazione dei fenomeni sociali e naturali e alimentati dalle scoperte scientifiche e dalla ricerca, i lavori di fuse* evolvono attraverso collaborazioni con specialisti e centri di ricerca, integrando conoscenze avanzate e modi di pensare diversi.
Noto per le installazioni su larga scala e le performance dal vivo, lo studio sperimenta costantemente nuove relazioni tra fisico, digitale, naturale e artificiale, esplorando una vasta gamma di strumenti, tra cui scultura, stampa, video, luce e suono. Visitate qui il sito dei fuse* per scoprire il profilo dello studio e tutta la squadra.

 

 

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Forest. Movement, Mater, Rituals. & Coexistence

Forest. Movement, Mater, Rituals. & Coexistence

FoRest is a laboratory of coexistence that correlates body, matter and nature as a means of immersion in interdisciplinary artistic processes through dance, care and ritual manifestation. Where: ReMo studio, Amsterdam, the Netherlands When: 26 to 30 July, 2025 Deadline for applications: Till completed, only 4 places available FoRest: Fundamentals of Observation Resting Experimentation Sustainability […]

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The Crossing La Palma Canary Islands – 17 to 20 May

The Crossing La Palma Canary Islands - 17 to 20 May

The Crossing is a laboratory that integrates dance investigation, hiking and coexistence in nature. Where: Route of the Vulcanoes & Nat Parf of Caldera de Taburiente. La Palma, Canary Islands. Spain When: 17 to 20 May, 2025 Deadline for applications: Till completed, only 5 places available The Crossing is a transformative nomad dance laboratory that integrates […]

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The Crossing. La Palma. Canary Islands. 28th April – 2nd May

The Crossing. La Palma. Canary Islands. 28th April - 2nd May

The Crossing is a laboratory that integrates dance investigation, hiking and coexistence in the natural environment. Where: Route of the Vulcanoes & Nat Park of Caldera de Taburiente. La Palma, Canary Islands. Spain When: April 28th to May 2nd, 2025 Deadline for applications: Till completed, only 5 places available The Crossing is a transformative nomad dance laboratory that […]

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Choreographic Accompaniment Residency

Choreographic Accompaniment Residency

Choreographic Accompaniment Residency (CAR) for solos & duos. 1 to 4-week program. Studio ReMo, Amsterdam. Where: ReMo studio, Amsterdam, the Netherlands When: Residencies available from 1st of April till 31st October Deadline for applications: participants can choose their dates according to our availability. CAR residential laboratory offers dancers, performers, choreographers and interdisciplinary artists time and space to research […]

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The Crossing Dance Laboratory

Dance Crossing is a laboratory that integrates dance research and improvisation with the art of walking in synergy with the natural environment. Where: Ravine and nature reserve of GüiGüi, Gran Canaria, Canary Islands, Spain When: 15 to 17 February, 2025 Deadline for applications: till completed 5 places available Dance Crossing is a laboratory that integrates dance research and improvisation with the art of walking in synergy with the natural environment.
 A sensitive and […]

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International Physical Theatre Workshop “Movement For Actors / Acting For Dancers”

International Physical Theatre Workshop “Movement For Actors / Acting For Dancers”

This International Physical Theatre Workshop “Movement For Actors / Acting For Dancers” is designed for professional dancers, choreographers, actors, theatre directors, and performing arts practitioners from all over the world. Where: DOCK 11 EDEN: Breite Str. 43, 13187 Berlin, Germany When: Dates: Monday, 6.01.2025 – Friday, 10.01.2025 Deadline for applications: 27.12.2024 International Physical Theatre Workshop […]

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NIPAI’s New Year Scholarship Contest

NIPAI's New Year Scholarship Contest

This scholarship offers a chance to participate in a learning environment with international peers and develop new skills to enhance your work in theatre and the performing arts. Where: online When: Worldwide Deadline for submissions: December 15, 2024; Public voting on Instagram: December 16-22; Results announced: December 24 In partnership with ArtUniverse, NIPAI invites experienced theatre directors, assistant directors, […]

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Dance Crossing Gran Canaria 22nd to 24th November

Dance Crossing Gran Canaria 22nd to 24th November

Dance Crossing is a laboratory that integrates dance research and improvisation with the art of walking in synergy with the natural environment. Where: Ravine and nature reserve of GüiGüi, Gran Canaria, Canary Islands, Spain When: 22 to 24 November Deadline for applications: till 20th of November 2024 Dance Crossing is a laboratory that integrates dance research and improvisation with the art of walking in synergy […]

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Generative Art Where the Beauty Voice Survives – Future Visions on Past Steps

Humanity & AI. The theme of this conference focuses on how to preserve the human complexity, with Generative Art and AI. Art, poetry, music, architecture, and historic cities need generative ideas for their adaptation to the deep new demands of our fast-changing time. Our field of interest is to identify these possibilities and relate the most advanced creative approaches of Generative Art and AI.

AICA Congress 2024 – Becoming Machine, Resisting the Artificial. Art in the Present Tense

In a world dominated by military conflicts, climate change, migration crisis, fake news, and political rearrangements, the digital ecosystem – in which AI is one among other major actors – plays a crucial role. We, volens nolens, increasingly identify ourselves with the machine, while we employ various strategies of resisting the artificial. Art is an important part of this process.

8th Computer Art Congress

From CAC.8, we propose a meeting to approach Generative AI from its multiple aspects, undoubtedly from a myriad of points of view, which will allow its inclusion in Art, Design, and Culture. We would like to create a symbolic capsule of space and time to reflect on the challenges, impacts, and scope of this new tool of knowledge, which is already modifying the processes of various human activities.

Physicality In Acting

Physicality In Acting

Physicality in Acting – international program is designed for performers, directors, choreographers, and performing arts practitioners interested in exploring the practical aspects of physicality in acting. The training focuses on what makes a performance interesting and how to be more engaging on stage. Where: Breite Str 43, 13187 Berlin, Germany When: 9.08. – 11.08.2024 Deadline for applications: 05.08.2024 This workshop […]

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VIDEO POST > Be My Guest!

VIDEO POST rilancia Be My Guest! di Anna Pompermaier e Cenk Güzelis, un cena in mixed reality con AI, ospite e co-creatore del menù per rievocare antichi rituali nella vita di tutti i giorni, installazione al crocevia tra arte, architettura e ricerca.

Anna Pompermaier e Cenk Güzelis, Be My Guest!, 2023, video documentazione della performance con Realtà Aumentata
Be My Guest! è stato sviluppato come parte della residenza per artisti European Media Art Platform (EMAP)  presso iMAL. Leggi di più

 

 

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The 1st de-Machine Storytelling Contest

Arshake è lieta di segnalare “The 1st de-Machine Storytelling Contest” di Enrico Bisenzi, lanciato il 19 marzo sul suo blog che, anche, ci piace rilanciare all’attenzione per interesse e originalità de testi e del suo ideatore, fra i primi in Italia ad occuparsi di INCLUSIVE DESIGN e il primo ad aver teorizzato l’esigenza di uno strumento di helpdesk per l’accessibilità del digitale.

Si tratta di “una proposta di scrittura per comunicare senza essere comprensibili dalle AI generative come Chat-GPT o Gemini. Un gesto provocatorio e irriverente che invita alla riflessione su un’evidente speculazione a senso unico che vede gli umani alimentare le ‘intelligenze’ artificiali degradandosi culturalmente e senza ricevere molto in cambio, se non una sensazione di comodità e piacere rispetto ad una serie di incombenze da realizzare; un rapporto, quindi, squisitamente ‘tossico’ e che andrebbe necessariamente riequilibrato (da un punto di vista economico in primis).

Un esperimento portato a buon fine (EVVIVA!) che ha prodotto uno stile di scrittura, grazie ad un codice interpretativo molto semplice e ad una formattazione differenziata, per farsi capire da un interlocutore umano ma non da un’intelligenza artificiale. La messa in relazione concettuale della prima e della seconda riga, una punteggiatura che funziona grosso modo come se fosse un testo unico ma anche a righe alternate (meglio distinguere il racconto da marcatori di paragrafi veri e propri ove la punteggiatura non è distintiva e il codice interpretativo non è esplicitato per favorire lettura e interpretazione da parte di eventuali screen-reader), alcuni concetti volutamente contraddittori fra i due distinti racconti scritti vicini tra loro come nelle due ultime righe, sono altri accorgimenti volutamente realizzati per creare ‘allucinazioni’ algoritmiche.

Continua a leggere qui per saperne di più e per partecipare…

 

 

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“Travellers” a Venezia

Gli spazi dell’Università Internazionale di Venezia all’isola di San Servolo ospitano, fino al 18 maggio e in concomitanza con la 60a Biennale di Venezia, “Travellers” mostra presentata dal MoCA di Shanghai con la direzione di Miriam Sun, in dialogo e in collaborazione con la curatrice italiana Giuliana Benassi. Artisti e opere sono portati assieme come risultato di un confronto tra cultura cinese e italiana. Lo spazio che li ospita è tutt’altro che pura cornice. È, piuttosto, il cuore pulsante di un progetto fortemente voluto da Miriam Sun che questo dialogo lo ha coltivato per anni, gradualmente e in continuo ascolto dell’altro. L’ Università Internazionale di Venezia è infatti un consorzio di 20 università di tutto il mondo, voluta trent’anni fa da Carlo Azeglio Ciampi come centro dedicato allo studio interdisciplinare, taglio di ricerca soprattutto all’epoca particolarmente all’avanguardia.

“L’intera mostra vuole restituire quella “rete simbiotica” dell’oggi, tessuta dagli artisti contemporanei che, seppur provenienti da Cina e Italia, sembrano uniti da un unico filo: quello dell’essere umano al cospetto del mondo”. Questo l’intento dichiarato nel comunicato stampa. In effetti, attraversando la mostra e parlando con la curatrice, la sensazione è che ogni lavoro si costituisca in un tutt’uno organico, in simbiosi anche con lo spazio. Nella costruzione di questo dialogo inter-culturale, le curatrici hanno incluso lavori che si confrontassero anche con il linguaggio tecnologico e il suo progresso nelle scienze evoluzionistiche.

I lavori più tecnologici sono intrisi di umanità. Fu Tong si muove nel contrasto tra forme fisiche immutabili e coscienza fluida (Flowing Bodies) e nel più delicato momento di umanità come quello delle sette sculture che proiettate a parete, stampate in 3D e ingrandite 100 volte riproducono le lacrime per come queste appaiono nelle diverse fasi della vita (When I think of You).

La vitalità è anche nella materia del lavoro di Josè Angelino che nelle sue opere luminose in vetro realizzate con gas argon e neon riproduce le dinamiche fisiche ed estetiche dell’aurora boreale. Lo stesso potremmo dire dell’opera Mosquitos: una serie di bicchieri di vetro all’interno dei quali dei magneti si agitano come mosche catturate, in risposta alle frequenze della risonanza di Schumann, pulsazione caratteristica che la Terra possiede di 7,83 hertz.  Vitali sono i lavori che fronteggiano le opere di Angelino, la serie “The Moonlight” di Yang Yongliang, dove le culture e il loro mescolarsi emergono nel profilo di paesaggi urbani che nascono dalla sovrapposizione di città come New York, Shanghai, Hong Kong, Parigi, Londra e Tokyo, visibili attraverso un perimetro circolare che rende il visitatore spettatore di un sogno.

La serie “Codice” di H. H. Lim, con le sue scritture incise su un gruppo di sculture che “sembrano piombate nello spazio espositivo da un viaggio temporale”, codici e numeri indecifrabili sospendono le coordinate del viaggio si pongono in dialogo con L’eccezione, opera video di Rä di Martino, dove una statua sembra in procinto di animarsi sulle note di una rielaborazione del love theme di Flashdance.

Il confronto va oltre a quello delle due culture, diventa confronto e incontro tra uomo e natura, come nella serie pittorica “Dialogue in Time and Space” “Summer Fireworks” di Shi Chengdong dove l’acqua è “superficie specchiante del mondo e membrana tra due dimensioni”. L’uomo è presente incarnato nel lavoro artigianale della tessitura come nelle opere di Matteo Nasini dove scultura e arazzo intendono proseguire nelle città invisibili di Italo Calvino. L’incontro è anche con la materia non organica di cui si compone la scultura di Gabriele Silli. Le dita verso l’alto della scultura Hands di Oliviero Rainaldi puntano verso la trascendenza, quella della vita e in particolare del viaggio come esistenza.

C’è dell’altro. Dicevamo che il progetto nasce da una forte passione di Miriam Sun nel dialogo tra cultura italiana e cinese, ma è radicato anche in un forte interesse per il confronto tra uomo e progresso tecnologico, a partire da quello in grado di ‘riscrivere’ la vita attraverso la manipolazione del DNA.

La mostra ha presentato infatti in anteprima la serie di “DNA”, ideata da Michael Levitt, premio Nobel per la Chimica 2013, progetto che si concentra sul profondo impatto dell’editing genetico e dell’IA sul futuro dell’umanità. Prodotta da Miriam Sun con un team di scienziati cinesi di cui fanno parte i professori Luo Zhen e Yin Tengfei, l’artista audiovisivo Guo Fei e il compositore Jin Wang, prende forma in installazioni luminose, performance dal vivo e sculture.

La performance di Guo Fei e il compositore Jin Wang, dove dati genetici, intelligenza artificiale e musica interagiscono all’unisono, si contaminano in tempo reale per restituire un altro aspetto importante celebrato da questo progetto di ricerca: l’incontro tra scienza e religione, più frequente di quanto non si possa immaginare.

Ed è proprio la piccola chiesa all’interno dell’Università dove ogni sera dei giorni inaugurali del progetto le composizioni di Jin Wang e le visualizzazioni di Guo Fei, si sono incontrate in un dialogo performativo improvvisato con organi a canne e sintetizzatori modulari. Note e immagini e ambiente risuonano in tutti gli spazi e celebrano la simbiosi dele opere in un unico corpo pulsante.

La ricorrenza del 700° anniversario della scomparsa di Marco Polo, e l’accostamento del tema con quello della Biennale di Venezia 2024 in corso, sono cornice di un progetto che affonda le radici nella spinta di un incontro prima di tutto umano. Il progetto è destinato a viaggiare a New York e in altre città dove costruirà occasioni di dialogo e confronto sempre nuove.

Travellers, a cura di Miriam Sun e Giuliana Benassi
Università Internazionale di Venezia, San Servolo, Venezia, 19.04 – 16.05.2024

 

immagini(cover 1) Qiu Anxiong – Tian Zhi Xiu Yue-邱岸雄 .photo credits MoCA, Shanghai (2) Fu Tong, «When I think of you-付彤 », ph: MoCA, Shanghai (3) H.H. Lim, «Percorso circolare-林辉华», ph: MoCA, Shanghai (4) Guo Fei&Jin Wang, «DNA-郭飞&金望»,ph: MoCA, Shanghai (5) Yang Yongliang, «The Moonlight», ph: MoCA, Shanghai (6) Guo Fei&Jin Wang, «DNA-郭飞&金望»,ph: MoCA, Shanghai

 

 

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Travellers Mirror Cities a Venezia

Il 17 aprile il MoCA di Shanghai, in collaborazione con Venice International University in Italia, presenta una grande mostra collettiva: “TRAVELLERS MIRROR CITIES”, titolo che richiama le tematiche della 60° Biennale di Venezia “Stranieri ovunque”. La mostra è visitabile fino al 18 maggio nelle sale espositive de La Venice International University, centro internazionale di formazione avanzata e ricerca, spazio dedicato agli scambi internazionali di saperi presso l’isola di San Servolo a Venezia.

La mostra, curata da Miriam Sun, direttrice esecutiva del MoCA di Shanghai, e da Giuliana Benassi, curatrice italiana, presenta alcune delle voci più interessanti del panorama dell’arte contemporanea cinese e italiana, tra cui Qiu Anxiong, Josè Angelino, Shi Chengdong, Rä di Martino, Guo Fei, H.H. Lim, Matteo Nasini, Oliviero Rainaldi, Gabriele Silli, Fu Tong, Jin Wang, Yang Yongliang.

Le città, in quanto spazi geografici, sociali e culturali, racchiudono numerose stratificazioni di valori che non sono immediatamente visibili. “TRAVELLERS MIRROR CITIES” si propone di costruire in modo ingegnoso un percorso artistico concettuale su “La città del viaggiatore – un’immagine spirituale speculare di sé e dello straniero”, tessendo una narrazione dinamica su due piani, uno evidente e l’altro nascosto. Da un punto di vista formale, scegliendo di presentare in maniera non lineare opere d’arte di artisti cinesi e italiani che lavorano con diversi linguaggi artistici, la mostra invita “chi la percorre” a continuare a porre domande alla città, ridestando la loro attenzione attraverso i singoli elementi del percorso espositivo e guidandoli a cercare il riflesso di se stessi nello specchio delle varie soluzioni fornite dalla città. Lo scopo della mostra, quindi, non è solo quello di far trovare ai viaggiatori le risposte agli enigmi visivi della città, ma anche di delineare la loro capacità di autorispecchiamento e di incoraggiare una più profonda contemplazione delle relazioni interpersonali. L’intera mostra vuole restituire quella “rete simbiotica” dell’oggi, tessuta dagli artisti contemporanei che, seppur provenienti da Cina e Italia, sembrano uniti da un unico filo: quello dell’essere umano al cospetto del mondo.I differenti e multidisciplinari linguaggi degli artisti in mostra testimoniano, tra l’altro, le nuove scoperte della scienza e della tecnologia nell’era dei contenuti generati Intelligenza Artificiale (IA), i nuovi concetti di sostenibilità le strutture filosofiche alla base delle pratiche di installazione e l’estetica tradizionale orientale. Attraverso molteplici mezzi di comunicazione e narrazioni uniche, la mostra cerca di collegare la Cina con il mondo, la tradizione con la contemporaneità, rimodellando lo sfondo mutevole della storia, riempiendo l’ultimo frammento dell’immagine intellettuale della città e cercando la chiave per collegare le relazioni umane in base alle loro identità.

L’anno 2024 ha un significato particolare per la Cina e l’Italia, in quanto segna il 700° anniversario della scomparsa di Marco Polo. Con la mostra “TRAVELLERS MIRROR CITIES”, l’intento del MoCA di Shanghai non è solo di riecheggiare lo spirito del tema della 60a Biennale di Venezia “Stranieri ovunque”, ma anche di introdurre una nuova prospettiva per approfondire la comprensione reciproca dell’arte, della cultura e dell’estetica tra i popoli di Cina e Italia, promuovendo ulteriormente l’amicizia e la conoscenza tra le due nazioni. La mostra all’Università Internazionale di Venezia è il debutto del progetto espositivo itinerante “TRAVELLERS MIRROR CITIES”, che nel prossimo futuro si sposterà a New York, negli Stati Uniti.

(dal comunicato stampa)

TRAVELLERS MIRROR CITIES, curated by Miriam Sun, executive director of MoCA Shanghai, and Italian art curator Giuliana Benassi,  Venice International University (VIU), Isola di San Servolo, 19.04 – 18.05.2024
Artisti: Qiu Anxiong, Josè Angelino, Shi Chengdong, Rä di Martino, Guo Fei, H.H. Lim, Matteo Nasini, Oliviero Rainaldi, Gabriele Silli, Fu Tong, Jin Wang, Yang Yongliang.
17-20 aprile, 2024 (19.30 – 11-30) Guo Fei e il compositore Jin Wang saranno impegnati in una performance audio-visiva live nella cornice della chiesa adiacente all’Università Internazionale di Venezia. 

immagini: (1) Fu Tong, «Flowing Bodies», 2023. Audio-Video Installation (2) Guo Fei, «endlessREDDAL» (3) Josè Angelino, «Mosquitos», 2017, Campi elettromagnetici, micro magneti, bicchieri, frequenze di risonanza di Schumann, riproduttore/amplificatore audio, dimensioni variabili, Courtesy l’Artista e Galleria Alessandra Bonomo Roma, ph Adriano Mura

 

 

 

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Simposio “Dibattiti sull’intelligenza artificiale”

Nelle giornate del 10 e dell’11 aprile la Rhode Island School of Design (RISD) ospita una conferenza di eccezionale importanza: “Debates in AI”, simposio che approfondisce le molteplici dimensioni dell’intelligenza artificiale (AI) e il suo profondo impatto sulle discipline creative. Questo evento di due giorni svelerà le intricate intersezioni tra arte, design, tecnologia e cultura.

La programmazione prenderà il via l’11 aprile presso la Fleet Library dalle 17.45 alle 19.30 con una conversazione serale tra Kate Crawford (ricercatrice, compositrice, produttrice, accademica e autrice di Atlas of AI) e Ben Davis (critico d’arte nazionale, ArtNet News).

Il 12 aprile, presso il Metcalf Auditorium del Chace Center del RISD, si terrà un simposio della durata di un’intera giornata, con discussioni dalle 9.00 alle 18.00. Tra i partecipanti figurano personalità di spicco come Taeyoon Choi (fondatrice della School for Poetic Computation), Molly Crabapple (artista), Stephanie Dinkins (artista, educatrice), Cory Doctorow (autore di Chokepoint Capitalism e The Internet Con), Elisa Giardina Papa (artista), Brian Merchant (editorialista tecnologico e autore di Blood in the Machine), Trevor Paglen (artista), Christiane Paul (curatrice di arte digitale, Whitney Museum of American Art), Jon Rafman (artista), Dorothy R. Santos (scrittrice, artista, educatrice), Eric Telfort (direttore del dipartimento di Illustrazione del RISD) e Clement Valla (professore associato di Experimental & Foundation Studies, coordinatore della facoltà di Computazione, Tecnologia e Cultura).

“Questo evento è incentrato sul porre domande”, osserva il membro della facoltà Marisa Mazria Katz, produttrice esecutiva del simposio. “Quali sono le questioni etiche in gioco nell’addestramento e nell’uso dei modelli di IA? Come potremmo reimmaginare il copyright e riaffermare il potere collettivo del lavoro creativo? E cosa sono un artista e una formazione artistica nell’era dell’IA?”. Il professor Daniel Lefcourt, co-curatore dell’evento, aggiunge: “Data la rapidità dei recenti sviluppi dell’IA e il profondo impatto che può avere sull’istruzione – e sulla società nel suo complesso – questo è un momento critico per tenere queste conversazioni. Siamo lieti di convocare questi importanti dialoghi al RISD”.

“Mentre le istituzioni e gli esperti di una moltitudine di discipline continuano a indagare sull’intelligenza artificiale, sono lieto che il RISD si stia impegnando in modo così diretto e attivo in questioni che daranno forma agli anni a venire”, osserva il Rettore del RISD Touba Ghadessi. “Dall’esame del significato della paternità umana, sia dal punto di vista creativo che legale, alla dimostrazione della necessità e dell’uso attuale dell’intelligenza artificiale come strumento di progettazione, so che le conversazioni organizzate e guidate dai nostri lungimiranti docenti avranno un impatto duraturo al RISD e oltre”.

Il pubblico è invitato a partecipare a questo evento intellettualmente stimolante che riunisce visionari, leader di pensiero e professionisti all’avanguardia nel dialogo tra AI e discipline creative.

Il sostegno a “Debates in AI” è fornito dalle divisioni di Architettura e Design, Belle Arti, Studi Sperimentali e Fondazioni e Arti Liberali, oltre che dal Centro per la Complessità, dalla Biblioteca Fleet del RISD, dal Centro per le Arti e il Linguaggio e dal Fondo RISD 2050. Il simposio è prodotto dal membro di facoltà Marisa Mazria Katz e co-curato dal professor Daniel Lefcourt, Katz e dal membro di facoltà Marco Roso (cofondatore di DIS.ART).

Debates in AI, Fleet Library and Metcalf Auditorium del Chace Center at The Rhode Island School of Design e online livestreaming via zoom, 11-12.04
L’evento è gratuito ma è necessaria la registrazione. Per registrarsi di persona o via Zoom e per conoscere le biografie dei relatori e ulteriori informazioni, visitare qui il sito.

 

 

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Maria Lai al MUSMA di Matera

Cerco spazi cosmici, cieli, spazi lontanissimi però tattili. Gli spazi che cerco non sono tanto in una superficie, quanto al di là di essa…Le mappe astrali rispondevano all’esigenza di un rapporto con l’infinito, di una dilatazione e proiezione sulla lontananza… Sono un invito al viaggio.
Maria Lai

Il MUSMA – Museo della Scultura Contemporanea di Matera continua ad ampliare la propria collezione accogliendo nuove donazioni. Durante il 2024 il museo presenterà a rotazione opere già in collezione facendole dialogare con nuove opere , sia permanenti che temporanee, progettate appositamente per gli spazi del museo. L’allestimento vuole rendere più leggibile il linguaggio della scultura contemporanea ed evidenziare i legami e le relazioni tra gli artisti. Grazie alla proficua relazione con l’Istituto di Conservazione e Restauro sede di Matera che contribuisce alla conservazione e il restauro di molte opere della collezione, attraverso alcuni casi studio ha aperto nuove possibilità di dibattito nell’ambito del restauro del contemporaneo.

Il primo appuntamento è stato il 16 marzo con “Cartogramma”, la nuova installazione permanente di Crisa in dialogo con le tre opere dell’artista sarda Maria Lai, già presenti nella collezione  del Museo.

Le opere sono: Cuore mio 2002, La torre, 1971-2002 e Sa domu de su dolu, 2002. La torre attesta la grande capacità di Maria di ricreare la realtà; di riscrivere la memoria di un oggetto offrendo ad esso un’altra dimensione. L’opera è costituita dall’assemblaggio di due gruppi di infissi lignei sovrapposti, dipinti di bianco e nero, trame, nodi di spago dipinto. Tale descrizione evidenzia che la parte inferiore dell’opera, la parte bianca, è in realtà il Telaio campestre del 1971 che Maria ripensa e riutilizza, per realizzare l’opera che commemora l’attentato terroristico del 11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York e che data al 2002. Cuore mio e Sa domu de su dolu, ci raccontano un’altra Maria, colei che trasforma in opere le parole scritte nei racconti di Cambosu, suo professore, il quale insegna a Maria il ritmo e il respiro delle parole mute. I fili, i pani, le tre opere della piccola capretta ansiosa di precipizi entreranno in dialogo, con l’opera del cagliaritano muralista Crisa che, nel 2019, in occasione del centenario della nascita dell’artista, su commissione dei familiari, ha realizzato sulla facciata dello studio di Maria a Cadeddu un intervento grafico.

Nella sala del MUSMA nasceranno nuove “GEOGRAFIE” proprio come faceva Maria che diceva riguardo le stesse: Cerco spazi cosmici, cieli, spazi lontanissimi però tattili. Gli spazi che cerco non sono tanto in una superficie, quanto al di là di essa…Le mappe astrali rispondevano all’esigenza di un rapporto con l’infinito, di una dilatazione e proiezione sulla lontananza…Sono un invito al viaggio.

L’opera che Crisa (nome d’arte di Federico Carta) realizzerà per il MUSMA, CARTOGRAMMA, questo il suo titolo, sarà un invito ad andare oltre: “Una geografia immaginaria composta da sezioni o frammenti di mondo che racconteranno un territorio con il suo paesaggio e il suo cambiamento urbanistico e lo spopolamento.

La sua chiave di lettura accompagna Matera a specchiarsi in questa visione. Al dipinto si sovrapporranno degli inserti scultorei in ceramica, dipinti e incisi; veri e propri focus sulla memoria dell’umanità. Un reperto di memorie che sono venute a definirci, tali concetti sono I flussi migratori, i cambiamenti, gli assestamenti e lo spostamento.” Nelle porzioni della sua geografia, i Sassi, fermi e stabili, sono i guardiani del tempo storico di questo scenario, le canne al vento simbolo di libertà che crescono spontanee nelle zone di periferia. l fili connettono gli esseri umani al paesaggio. Crisa come un sismografo capta con sensibilità il terreno e cerca di tracciare il mondo.

Maria Lai (1919-2013), personalità di spicco della scena artistica contemporanea, continua a far parlare di lei con mostre e approfondimenti che arrivano cospicui soprattutto post mortem.  Non c’è dubbio che la vasta ricchezza di suggestioni poetiche della sua opera (scultura, pittura, disegno, chine, acquerelli, collages, telai, libri cuciti, interventi ambientali, azioni teatrali), sempre audaci ed attuali, inciti l’artista di oggi alla consapevolezza profonda del suo ruolo attivo nella produzione culturale, sia come intellettuale sia come artefice.

(dal comunicato stampa)

Cartogramma. Crisa dialoga con Maria Lai, MUSMA,  Matera 16.03 – 31.04.2024

immagini: (cover 1) Cartogramma, MUSA, Matera, panoramica d’installazione (2) Maria Lai, «La Torre», 1971 – 2002 – telaio, cm 271 x 183  (3-4) Crisa, Cartogramma, dettaglio, ph. Luca Centola (5)  Maria Lai, «Sa domo de su dolo», 2002, terracotta, cm 35 x 40 x 40 Donazione Maria Lai, Cardedu, NU

 

 

 

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