Con la personale “My Veins Are the Wires, My Body Is Your Keyboard/Le mie vene sono i fili, il mio corpo è la tua tastiera” the Museum of the Moving Image a New York celebra il lavoro di Aureia Harvey, pioniera nella sperimentazione del codice per modellare materia, materiali e vita nello spazio della rete.
I lavori in mostra, oltre 40 per un arco temporale che va dal 1987 al 2023, includono lavori interattivi net-based, video games, sculture in realtà aumentata e nella doppia versione analogico -digitale, ciò che da un certo punto in poi ha focalizzato l’interesse e la spinta creativa della Harvey verso la ‘scultura, spingendo al limite i confini della sua stessa area di formazione così come quelli della tecnologia.
“Auriea Harvey ha costantemente re-immaginato e ridefinito i confini creativi delle tecnologie di rete per più di tre decenni. Possiede una notevole sensibilità per il modo in cui la rivoluzione digitale degli anni Novanta ha generato un cambiamento sociale nel modo in cui gli esseri umani si connettono. Il suo percorso – dalla creazione di opere d’arte da visualizzare esclusivamente in un browser web alla sfida dei confini tra esperienze virtuali e tangibili attraverso la stampa 3D e la realtà aumentata – riflette costantemente il potere paradossale dei computer di consentire l’intimità, interferendo al contempo con il contatto corporeo e l’occupazione dello spazio condiviso”.
La sintesi di Regina Harsanyi, Associate Curator of Media Arts del MOCA e curatrice della mostra, chiarisce la lettura del suo lavoro in questo percorso a ritroso, mette a fuoco con lucidità un certo approccio creativo in risposta ad una fortissima e genuina ‘sensibilità’ verso il proprio tempo e verso ciò che più a contribuito al cambiamento epocale che oggi fronteggiamo con difficoltà non avendone colto tutti passaggi.
Come spesso accade, lo sguardo retrospettivo di un gruppo consistente di lavori realizzati nell’arco di una vita genera un racconto del rapporto tra opere e contesto così chiaro da far dimenticare anche a chi lo ha vissuto quanto sperimentare con le tecnologie nei primi anni ’90 corrispondesse ad un’operazione di nicchia e lo sfruttamento delle potenzialità di macchine e software a favore della più varia diversificazione estremamente complesso.
C’è da dire che, per quanto questi ambiti sperimentali abbiano faticato molto ad essere riconosciuti ma anche semplicemente conosciuti, Aureia Harvey ha riscosso da subito un certo successo, anche grazie al parallelo impegno nello sviluppo di siti e video games, contando diverse collaborazioni di successo nel mondo della musica, come con la Virigins Records, MTV e PBS.
Il suo Entropy8 (1995), sito e progetto pionieristico che nel considerare internet un luogo ottimale dove realizzare lavori pensati unicamente per il digitale ha riscosso grande attenzione da parte dei media e ha ricevuto un Webby sia nel 1997 che nel 1998.
Ciò che colpisce in questo sguardo retrospettivo, è come la fusione tra reale e digitale abbia trovato la sua miccia in una altrettanta magica fusione tra sentimento e intelletto su un piano tutto umano. Nei primi anni novanta a mescolare le carte è stato infatti l’incontro con l’attuale marito Michael Samyn conosciuto nel 1999 ad un meeting virtuale organizzato dalla piattaforma hell.com, un sito nato attorno ad un network privato di artisti sperimentatori della prima ora sul net che nel tempo aveva acquisto un’aura di mistero.
Nello spazio di hell.com i due artisti hanno prima condiviso un folder ‘segreto’, canale di scambio poi diventato il primo progetto collaborativo skinonskinonskin, successivamente trasformato nella prima esperienza di net art pay-per-view. Con 10 euro chiunque avesse accesso al browser Netscape 4.0 poteva curiosare nella loro vita privata.
I loro rispettivi siti Entropy8.com e Zuper.com, e quindi le loro attività di web e game designers si sono fusi in Entropy8Zuper.org. Nel 2007 con The Kiss trasformano il loro abbraccio fisico in un software, inizio di una serie di sperimentazioni con la scansione 3D, all’epoca utilizzata per scopi industriali e scientifici. Nel 2007 The Kiss diventa un’esperienza web dove poter entrare all’interno della scansione, disponibile anche come Virtual Reality Modeling Language, un formato all’epoca molto innovativo per la visualizzazione del 3D su internet.
Esplorazioni dei mondi digitali, e delle più sofisticate e significative possibilità di interazione in tempo reale si sono susseguite nel tempo con un approccio e una visione incredibilmente trasversali e trans-disciplinari. Da queste solide basi, quando il duo ha ripreso ciascuno il proprio percorso, la ricerca di Aureia Harvey è proseguita con un interesse sempre più attento alla scultura tra fisico e digitale. I modelli digitali realizzati con l’impiego della fotogrammetria di oggetti e il suo stesso corpo (spesso il suo volto) sono trattati nel mondo digitale in maniera complementare alla scultura tradizionale. L’uso di poligoni, i mattoni di ogni modello 3D, restituisce al manufatto digitale la malleabilità dei materiali tradizionali. In questa dimensione Harvey trova spazio per la sperimentazione con materiali nuovi, impossibili da reperire nel mondo fisico, allo stesso tempo vestiti di una consistenza tangibile che rende inequivocabile la loro oggettiva esistenza.
I soggetti delle sculture sono spesso trasformazioni in soggetti mitologici. Tornano e nell’insieme costruiscono delle narrazioni. È come se emergessero in un processo generativo scaturito quasi di getto dalle interiorità dell’artista mentre lei è impegnata in una ricerca tutta rivolta alla materia, alla texture, come racconta in una conversazione informale. La sensazione è quella di un attraversamento catartico dove la canalizzazione dell’energia fisica è sostituita da quella mentale.
Nelle 11 sculture della serie Gray Matter, nate da scansioni di opere fisiche e da assemblaggi di frammenti e stampe 3D precedentemente scartati, Aureia ‘re-impasta’ scarti di argilla per modellarli in altro.
Con le sculture si può interagire, si possono ruotare, diventano elastiche, cambiano forma restringendosi e ri-espandendosi. Un modo diverso e complementare a quello fisico di assaporare la scultura in tutte le sue angolazioni, di ruotarla piuttosto che ruotarle attorno, un gesto tutto mentale dove il movimento fisico del mouse è di accompagnamento, meccanica esecuzione di un impulso.
Gray Matter era stata presentata nel 2022 sulla piattaforma “Feral Files”, operazione artistica curatoriale e di mercato di Casey Reas, inventore con Benjamin Fry del software open source Processing e della comunità che è cresciuta attorno. Feral Files è un progetto che entra nel mercato in modo del tutto rivoluzionario, creando un canale perché i lavori di media art, contrariamente a quelli che sono stati identificati come tali dal mercato tradizionale durante il picco della bolla Nft, venissero condivisi a prezzi accessibili e nella forma di mostre curate per poi entrare nei canali (e nei prezzi) del mercato tradizionale. In questo caso le sculture all’asta di Harvey sono state accompagnate da una scultura fisica in bronzo e tutte le opere (digitali) corredate da istruzioni per la stampa 3D. Nuovamente un gesto di rovesciamento, porta aperta verso una nuova consapevolezza e nuovi interrogativi.
Questa una riflessione (in remoto) di una mostra che con il suo lavoro ripercorre l’intera storia di net art, media art, ma in fondo anche delle nuove possibili frontiere della scultura tradizionale così come del processo che ha portato a modellare la realtà attuale. Tutto era partito dall’intreccio di quanto più umano (per il momento) la macchina non può eguagliare, quel mescolarsi di intuizione, ascolto del proprio tempo, intelligenza emotiva e razionale. Anche oggi, il lavoro individuale si intreccia con quello delle individualità e comunità che sono cresciute assieme a lei e Michael Sambyn, come quella dei citati Rhizome.org, Feral Files, ma anche quella di una galleria che del mercato digitale è stata una pioniera sperimentatrice di vendita ma anche di diffusione di arte digitale quale è bitforms dove il lavoro di Aureia Harvey sarà presentato dal 4 aprile, 2024 per la sua seconda personale.
Aureia Harvey, My Veins Are the Wires, My Body Is Your Keyboard, curated by Regina Harsanyi, Museum of the Moving Image, New York, 02.02 – 07.07.2024 | Exhibition’s in-kind partners: 4THBIN, Barco, bitforms gallery, and New York University’s ITP / MIA program.
Aureia Harvey, The Unanswered Question, bitforms Gallery, New York, 04.04 – 25.05.2024
Artbase Anthology con Aureia Harvey, Rhizome x MoMI (Rhizome Co-Executive Director Michael Connor, MoMI Associate Curator of Media Art Regina Harsanyi, e Rhizome Director of Digital Preservation Dragan Espenschied). Conversazione sulla net art e sulle problematiche legate alla conservazione con l’artista Auriea Harvey, ospitato da Rhizome in partnership con Museum of the Moving Image. L’evento è in occasione del lancio dell’iniziativa ArtBase Anthologies. La conversazione sarà in presenza presso gli spazi di Onassis ONX e sarà trasmessa online. Registratevi qui per partecipare online.
immagini: (cover 1) Auriea Harvey, «The Mystery v5-dv2 (Chroma)», 2022, modello 3D (2) Aureia Harvey, ritratto (3-4) Auriea Harvey: My Veins Are the Wires, My Body Is Your Keyboard, panoramica di mostra,2 febbraio – 7 luglio, 2024, Museum of the Moving Image, Astoria, NY (5) Auriea Harvey e Michaël Samyn, «Sunset», 2015, fermo imagine da video game per PC/Mac (6) Auriea Harvey: My Veins Are the Wires, My Body Is Your Keyboard, panoramica di mostra2 febbraio – 7 luglio, 2024, Museum of the Moving Image, Astoria, NY
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