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Stills of PEACE

Par : Arshake
4 juillet 2025 à 13:24

Presentata a Pescara in anteprima per la stampa e i partner, il programma della Edizione XII della storica Rassegna Internazionale di Arte e Cultura contemporanea Stills of PEACE, promossa dalla Fondazione Aria. Dal 5 luglio al 7 settembre Stills of PEACE, in collaborazione con i Comuni di Atri e Pescara, promuove un dialogo fra Italia e Colombia, grazie al linguaggio dell’arte contemporanea. Dopo i saluti di benvenuto del Presidente La Rocca, il neo Presidente della Fondazione Aria, l’imprenditore Giulio Caso, ha confermato la volontà di conoscere e valorizzare l’insieme di tradizioni di un Paese ricco di influenze indigene e coloniali, geograficamente molto distante da noi, ma fortemente in accordo rispetto a valori essenziali quali famiglia, casa e amicizia. La pluralità di popoli che abita la Colombia costituisce un esempio significativo di complessità, in una condivisione e coesistenza sociale e antropologica.

Quest’anno abbiamo scelto di rivolgere lo sguardo alla Colombia, Paese simbolo mondiale di biodiversità, per indagare un tema urgente e universale: il Futuro – ha dichiarato la Direttrice Artistica e Head of Curator di Stills of Peace, Giovanna Dello Iacono. Global Future è un manifesto che sancisce il diritto di tutti di pensare con rinnovata fiducia al proprio avvenire e si lega idealmente allo slogan Paz con la Naturaleza (Pace con la Natura), coniato in occasione della XVI Conferenza delle Nazioni Unite sulla Biodiversità (COP16), ospitata proprio a Cali in Colombia, cuore di una delle regioni più ricche di biodiversità al mondo.

I curatori hanno poi introdotto il lavoro svolto per ciascuna delle quattro mostre previste in questa Edizione, che sarà inaugurata con una tre giorni di eventi fra Atri e Pescara: la ‘Ma.Co. / Maratona del Contemporaneo’, in programma dal 5 al 7 luglio.

Le Cisterne e le Sale di Palazzo Acquaviva di Atri ospiteranno la mostra “Global Future” curata da Giovanna Dello Iacono e Maria Letizia Paiato, con protagonisti Lorenzo Aceto, Aycoobo, Chiara Calore, Rudy Cremonini, Federica Giulianini, Pietro Moretti, Matteo Montani, Mariangela Levita, Luz Lizarazo, Giovanni Paolo Randazzo Mora, Alejandro Sánchez Suárez, María Alejandra Torres, artisti di generazioni diverse ma con una grande spiritualità, che si rapportano attraverso il mezzo pittorico per arrivare alle persone.

Sempre nelle Cisterne Romane di Palazzo Acquaviva, la mostra “Generazione dalla luce” di Juan Eugenio Ochoa, il duo Mozzarella Light (Giulia Ciappi – Marco Frassinelli), Paolo Scirpa, Natalia Triviño Lozano, curata da Marta Michelacci e Antonio Zimarino, che sottolinea quanto sia la luce a definire la struttura architettonica della sede espositiva, in cui si distribuisce in modo particolare e articolato, scoprendo angoli strutturali sempre diversi. Gli artisti lavorano proprio su questo binomio spazio/luce, con sensibilità diverse dell’elemento luminoso che permette di cambiare prospettiva nella percezione.

A Pescara invece la mostra “Forgotten People” della fotografa Luz Elena Castro, ospitata presso lo spazio zerozerosullivellodelmare, e curata da Paolo Dell’Elce, che la racconta come un percorso di conoscenza e incontro dell’umano che forse incontriamo meno, la rappresentazione di un individuo debole, che cerca un riscatto per la propria necessità di esistere e di trovare una sua dignità.

YAG/Garage ospita poi la collettiva Stills of Peace for Young con le opere di Daniele Di Girolamo McManu Espinosa, Martina Marini Misterioso e Lalula Vivenzi Carrasco, curata da Cecilia Buccioni, Giovanna Dello Iacono e Maria Letizia Paiato. Le ricerche dei quattro giovani protagonisti sono legate al tema della Rassegna attraverso soggetti politici, sociali e introspettivi, resi attraverso linguaggi concettuali.

Il Cortile di Palazzo Acquaviva di Atri ospiterà la consueta rassegna cinematografica Cine Colombia a cura di P. Federico Ibargüen Ruiz, con 6 appuntamenti dal 7 luglio al 1 settembre con proiezioni in lingua originale sottotitolate in italiano. Altra novità del 2025, Stills Story, un ciclo di 4 incontri dedicate alla letteratura colombiana contemporanea a cura di Giuliana De Petris, che si terranno nello stesso Cortile il 7 luglio alle 18.30 mentre il 17 luglio, il 28 agosto e il 4 settembre alle 21.

Quest’anno Stills of Peace riflette la sua pluralità molteplice anche nell’immagine-manifesto, concepita ad hoc dall’artista, designer e direttore creativo, Stefano Chiassai: cuori, farfalle, fiori e simboli cartografici si intrecciano con i riferimenti testuali, frammenti visivi che evocano la biodiversità, l’incontro tra mondi, l’estetica quotidiana come gesto politico. Il manifesto diventa così sia rappresentazione visiva, sia azione simbolica: un richiamo collettivo a “fermarsi per osservare”, “immaginare per costruire”, “incontrarsi per trasformare”.

(dal comunicato stampa)

Stills of Peace and Everyday Life, direzione artistica a cura di Giovanna dello Iacono,  Atri-Te, Pescara, 05.07 – 07.09.2025
Anche per l’edizione 2025, il progetto gode del Patrocinio dell’Ambasciata della Colombia in Italia, dell’Alto Patrocinio della Regione Abruzzo, del Consiglio Regionale, dei Comuni di Atri e Pescara, dell’Instituto Cervantes di Roma, del Centro per il Libro e la Lettura (CEPELL), della Società Dante Alighieri e dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila.

 

immagini: (cover-1) Luz Lizarazo, «Mi cuerpo dice la verdad (My Body Speaks the Truth)», 2023 (presentato nell’ambito della mostra «Global Future», photo credit Niko Jacob (2) Paolo Scirpa, Espansione e traslazione, 1984, photo credit Archivio Paolo Scirpa, presentato  nella mostra «Per una generazione della luce» (3) Luz Elena Castro, «Desalojos en Guayaquil, Medellin», photo credit Luz Elena Castro, presentato nell’ambito della mostra «Forgotten People» (4) Lalula Vivenzi, «Woman Power | Maria Lai», 2025, photo credit © Marianne Sin-Pfaltzer, Archivio Ilisso, presentato nell’ambito della mostra «Stills of Peace for young».

Programma

MA.CO. / Marathon of the Contemporary, July 5, 6 p.m. / Atri (TE)
Courtyard of Palazzo Acquaviva – Opening of Stills of Peace
Cisterns and Halls of Palazzo Acquaviva – Opening of the exhibitions Global FUTURE, curated by Giovanna Dello Iacono and Maria Letizia Paiato, and Generation from the Light, curated by Marta Michelacci and Anton Giulio Zimarino
July 6, 6 p.m. / Pescara, s.l.m. 00 – zerozerosullivellodelmare – Opening of the exhibition Forgotten People, curated by Paolo Dell’Elce
YAG/Garage – Opening of Stills of Peace for Young, curated by Cecilia Buccioni, Giovanna Dello Iacono, and Maria Letizia Paiato
July 7, 6 p.m. / Atri (TE), Courtyard of Palazzo Acquaviva / Atri (TE)
6:00 PM – First event of Stills Story, curated by Giuliana De Petris – A conversation with writer Alberto Bile Spadaccini and presentation of the book In Colombia with Gabriel García Márquez. Without Gravity and the book “The Risks of the Body” of María Ospina Pizano, edited by Edicola Ediciones.
9:00 PM – First event of Cine Colombia, curated by Fr. Federico Ibargüen Ruiz – Screening of the short film La Sixtina (2022) by Juan Camilo Fonnegra and the feature film Cuando las Aguas se Juntan (2023) by Margarita Martínez

 

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Adrian Piper al PAC di Milano

15 mai 2024 à 16:55

Che il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano sia da alcuni anni una delle istituzioni pubbliche italiane più ricettive alle ricerche di artisti attenti ai contesti sociali, nonché alla performance è abbastanza noto tra gli addetti ai lavori: a definire tale identità ha contribuito in maniera cospicua la direzione artistica di Diego Sileo che, con competenza, curiosità e senza disdegnare la provocazione, dedica parte della programmazione a tale medium, attraverso mostre tanto di italiani quanto di figure internazionali, riannodando tragitti che segnano la storia dell’istituzione milanese. Quello che forse è meno evidente a chi non frequenta sistematicamente il PAC è che l’edificio stesso sembra favorire andamenti laterali rispetto alla tradizione delle arti visive, “naturalmente” aperto a esplorazioni che eludono “l’armadio chiuso” del modernismo: la grande vetrata affacciata sui giardini di Villa Reale è membrana osmotica con l’area verde retrostante, la sua continua mutevolezza cromatica e luminosa, la sua piacevole ma invadente presenza. E ugualmente il ballatoio che corre parallelo al vano centrale del piano terra si trasforma agevolmente nel balcone da cui assistere a quanto si svolge in basso. Un ideale loggione, tropo di una dimensione teatrale celata appena sotto la pelle dello spazio museale.

Dal 19 marzo e fino al 9 giugno, il PAC ospita la prima retrospettiva italiana di Adrian Piper (New York 1948), figura di spicco dell’arte post-concettuale statunitense, particolarmente rappresentativa per il costante impegno su aspetti e questioni legate al razzismo, ma con rare apparizioni italiane, tra cui il tempestivo Parlando a me stessa. L’autobiografia progressiva di un oggetto d’arte, edito in italiano da Marilena Bonomo nel 1975, con la presumibile mediazione di Sol Lewitt; il prestigioso Leone d’oro alla Biennale di Venezia del 2015, quella diretta da Owki Enwezor; la traduzione di Meta-art (1973) per Castelvecchi nel 2017 a cui aggiungere qualche inclusione di lavori in rassegne collettive. Sebbene la dimensione performativa a cui si è accennato in apertura, questa volta sia affidata solo alla documentazione fotografica e audiovisiva con cui si da conto di numerosi interventi di Piper, in particolare della splendida Funk Lessons (1983-85) tramite il film di Sam Samore, lo stile del curatore è ben riconoscibile. Infatti, tranne pochi lavori giovanili, tutto guarda al mondo, oltre i convenzionali problemi del visuale.

Il visitatore è accolto da un brusio di voci che provengono da installazioni sonore e video che punteggiano il percorso espositivo: una dimensione corale messa in evidenza sin dalle prime opere, con Negative Self-Portrait (1966), lavoro figurativo su carta, firmato “Adrienne”, subito prima quindi dell’adozione del più neutro – ma con sfumature maschili – Adrian. L’artista si presenta quindi con una identità multipla e sfaccettata: sebbene ricorra sovente alla propria immagine disegnata, fotografata, ripresa in video, i suoi connotati restano volutamente sfocati tanto rispetto all’appartenenza a un gruppo etnico definito – come avverte la definizione che campeggia su materiali promozionali dell’esposizione, Race Traitor – quanto dal punto di vista del genere. Se questo secondo aspetto è mobilitato solo indirettamente in The Mythic Being (1973-1980), Race Traitor è il titolo di un lavoro del 2018  in cui l’artista rielabora la riflessione sulla propria identità formulata quarant’anni prima, con i Political Self-Portraits (1978-1980), giocati sull’associazione tra la riproduzione della fotografia del passaporto – per antonomasia lo strumento di identificazione burocratica del cittadino – e una serie di eventi biografici in cui Piper ha preso coscienza del gruppo razziale a cui apparteneva o al quale gli altri ritenevano appartenesse. Il titolo della mostra, quindi, allude anche all’esperienza del passing, tematizzata dall’artista in questi e altri interventi, rievocandone le ambiguità sulla scorta sia della tradizione letteraria, sia delle pressioni sociali.

Attraverso approcci spiazzanti, Piper lavora per erodere le linee delle costruzioni sociali che dividono le persone in gruppi razziali: dalla riproposizione dei cliché al loro ribaltamento, fino all’esplorazione di situazioni in cui i presenti – visitatori inclusi – sono disorientati. In tal senso si muove la celebre installazione Cornered (1988) in cui il pubblico del museo diventa anche il destinatario del monologo della professoressa Adrian Piper[1], trasmesso da un televisore installato tra due certificati di nascita in cui un medesimo individuo viene definito “octoroon” nel 1953 e “white” nel 1965.

Nel video, infatti, Piper spiega – rivolgendosi direttamente al visitatore in sala – proprio l’impossibilità teorica di definirsi bianco o nero nella società statunitense, dove i contatti tra i due gruppi sono antichi e ramificati. La sensazione di essere parte in causa, parte del problema, di essere tra gli interlocutori dell’artista non ci abbandona mai: dal reiterato impiego del pronome “you” nei titoli, fino all’adozione dell’indagine sociologica che nella serie Close to Home (1987) fa emergere – potenzialmente nelle biografie di ciascuno – omissioni circa il proprio inconfessato razzismo; dalle luci che alternativamente si accendono e si spengono in Black Box /White Box (1992) trasformando l’osservatore in osservato al ricorso agli specchi in Das Ding-an-sich bin ich (2018).

Pur rinunciando alla narrazione lineare con l’intento di calare il pubblico nel bel mezzo delle prove di un coro, in cui le voci si alternano e si sovrappongono, la mostra dipana una conversazione che copre una carriera lunga quasi sei decadi, puntellata da prestigiosi riconoscimenti, come si deduce dalle collezioni da cui provengono i pezzi in mostra, coerente nel nucleo semantico ma diversificata per medium e stili, dai lavori d’esordio debitori dell’arte concettuale, fino alle recenti animazioni digitali, passando per installazioni, video e variazioni attorno all’impiego della fotografia e della scrittura.

Tra le opere stilisticamente più sorprendenti i Vanilla Nightmares (1986-1989, fig. 6) disegni a carboncino eseguiti sulle pagine del New York Times. Resi celebri dalle riflessioni di Hal Foster in Il ritorno del reale, le opere insistono sulle paure che alimentano il razzismo: con fisionomie esagerate e corpi vistosamente erotizzati, l’artista tratteggia donne e uomini bianchi e neri che visivamente interagiscono con le figure riprodotte nelle pubblicità o fotografate per la cronaca, e in generale entrano in risonanza con le notizie relative al Sudafrica pubblicate dal quotidiano. Ma dal vero si apprezza quanto il tratto, volutamente caricaturale e semplificato, non si sottragga alle atmosfere neoespressioniste di quegli anni, mettendo ancora una volta in comunicazione personale e collettivo, pubblico e privato, e con un approccio intersezionale ante litteram.

[1] Oltre che artista visiva, Piper ha insegnato filosofia teoretica in numerosi atenei statunitensi; dal 2005 vive a Berlino.
Adrian Piper, RACE TRAITOR, PAC- Padiglione Arte Contemporanea, Milano, 19.03 – 09.06.2024

images: (cover1) Adrian Piper, «Das Ding-an-sich bin ich», 2018, photo Nico Covre (2) Adrian Piper, «Race Traitor», 2018, stampa digitale (3) Adrian Piper, «Cornered», 1988 (4) Adrian Piper, «Close to Home», 1987, fotografie, testo, audiotape  (5) ) Adrian Piper, RACE TRAITOR», PAC, Milano, ph Nico Covre – Vulcano Agency (6) Adrian Piper, «Vanilla Nightmares #11», 1986, carboncino su pagina di giornale.

 

 

 

 

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Premio Lydia per la giovane arte.

Par : Arshake
1 mai 2024 à 11:14

La Fondazione Il Lazzaretto a Milano sostiene la ricerca artistica attraverso il Premio Lydia all’Arte Contemporanea aperto ad artiste under 35, a cura di Claudia D’Alonzo. Giunto alla sua settima edizione, il premio prosegue la partnership culturale con PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano, tra le più autorevoli istituzioni pubbliche in Italia dedicate all’arte contemporanea, e con il suo curatore Diego Sileo. Il Premio Lydia 2024 si apre con una open call, le candidature possono essere inviate dal 23 aprile fino alla scadenza, fissata alle ore 12.00 del 24 maggio.

L’esito sarà definito da una giuria di esperti formata da Silvia Costa, regista e performer, Francesco D’Abbraccio, editore e artista, Claudia D’Alonzo, docente e curatrice, Chiara Nuzzi, curatrice e manager editoriale Fondazione ICA Milano, Diego Sileo, curatore PAC. L’artista avrà a disposizione un grant complessivo di 5000 euro per sviluppare la sua ricerca che culminerà con una restituzione pubblica realizzata in collaborazione con PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano nel corso del 2025.

La Fondazione Il Lazzaretto è impegnata dal 2014 nell’ideazione di progetti culturali partecipati all’insegna della sperimentazione tra arti visive, letteratura, fotografia, performing arts, e le loro rispettive contaminazioni. Ogni anno sono attivati progetti originali, firmati dal team creativo del Lazzaretto o da professionisti esterni coinvolti ad hoc e sviluppati in sinergia con la Fondazione attraverso residenze, laboratori e workshop. Il risultato dei singoli progetti viene presentato al pubblico ogni anno nel mese di novembre all’interno del Il Festival della Peste!.

Il Premio Lydia all’arte contemporanea, attivo dal 2018 è parte di questa ricerca. Quest’anno per la prima volta anche questo premio segue un filone tematico: Sensing Beyond Human. Come ogni edizione, con il contributo di Fondazione Lydia Silvestri, l’iniziativa è dedicata alla memoria dell’artista Lydia Silvestri, allieva di Marino Marini, scultrice che ha portato la sua ricerca ed esperienza anche di docente in tutto il mondo insegnando a Bath Academy of Art in Inghilterra negli anni 1953–54 e 1963–64, a New York, nel 1960, ad Hong Kong nel 1961, e all’Accademia di Brera a Milano dove si è formata, negli anni ‘80.

Vai al Bando del Premio Lydia 2024

immagini: (cover 1) Fondazione Lydia Silvestri, archivio e spazi, ph Silvia Gottardi (2) Rachele Maistrello, «The Silent World», installazione sonora, Premio Lydia 2022, PAC Milano 2023, Ph Claudia Capelli, Courtesy PAC (3) Fondazione Lydia Silvestri, archivio e spazi, ph Silvia Gottardi

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