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Artistes, engagez-vous pour la santé mentale ! Strasbourg lance une résidence-mission artistique inédite liant arts, culture et santé mentale dans le quartier du Neuhof, de 2025 à 2028.
La Ville de Strasbourg, pionnière en matière de politique de santé, continue d’innover et d’explorer les liens entre tous les champs thématiques.
Déclarée grande cause nationale en 2025, la santé mentale est aujourd’hui reconnue comme une composante essentielle de la santé. Elle permet à chacun et chacune de faire face aux défis du quotidien, de s’épanouir et de jouer un rôle actif dans la vie collective.
Dans cette dynamique, la Ville de Strasbourg, en partenariat avec la Maison Urbaine de Santé du Neuhof, le Centre Social et Culturel du Neuhof, la Médiathèque du Neuhof et l’Université de Strasbourg, s’engage dans un projet innovant au cœur du Neuhof. Ensemble, ils souhaitent mobiliser le levier artistique et culturel pour améliorer la santé mentale.
La résidence-mission devra être portée par un·e ou plusieurs artistes professionnel·les en activité de création et diffusé dans les réseaux professionnels.
Il s’agit pour l’artiste, sur une période de 3 ans, d’explorer une ou plusieurs nouvelles pratiques artistiques et culturelles favorables au bien-être et à la santé mentale des personnes afin qu’elles puissent :
Publication de l’appel à projet : 21/07/2025
Date limite de candidature : 25/09/2025
Jury de présélection : 07/10/2025
Date limite de dépôt de projet : 07/11/2025
Audition des candidat·es présélectionné·es : 14/11/2025
Annonce du ou de la lauréate : entre le 17 et 21 Novembre 2025
Fabio Giagnacovo: HEAT & SOLITUDE è un lavoro “a sei mani”, le tue, quelle del vulcanologo Francesco Sortino e quelle del vulcano, e quindi del dio Vulcano (Efesto nella mitologia greca), dio del fuoco che scaccia gli spiriti maligni ma anche di quello distruttivo, della metallurgia, dell’ingegneria e della scultura. Vero e proprio artista che sembra in qualche modo ricalcare molto più di Apollo e delle Muse, simboli greci dell’ideale artistico assoluto, l’idea di arte contemporanea, eterogenea, più “reale” e meno propriamente lirica. Inoltre foggia creature pensanti da materiali inanimati, veri e propri cyborg, aprendosi al digitale al pari di Pigmalione. Credi che, pian piano, quel cosmo che possiamo definire con il termine “Arte” da essere Apollo si sia ritrovato ad essere Vulcano, geniale e isolato, disprezzato dagli dei e giustificatamente rancoroso (d’altronde fu gettato appena nato dalla cima del Monte Olimpo dalla sua stessa madre)?
Federica Di Carlo: Quando sono stata invitata a creare un lavoro site-specific per il “Volcanic Attitude” sull’isola di Vulcano la prima cosa che mi sono domandata è stata come mai questo vulcano non avesse un vero e proprio nome rispetto agli altri vulcani come Stromboli, l’Etna ecc.. Ho scoperto che il Vulcano dell’isola di Vulcano da il nome a tutti i vulcani del mondo, e questo proprio grazie alla figura del Dio Vulcano. Il sentimento della solitudine sembra nascere nel racconto mitologico da questo Dio nato storpio, unico non bello tra gli dei e per questo gettato in mare dalla superficialità della madre Era. In un olimpo fatto di sfarzi, vizi, capricci, narcisismo, bellezza esasperata e ostentata, dove quello che appare é quasi sempre ingannevole e con conseguenze anche per gli dei stessi che vogliono tutto e subito…molto simile alla società di oggi; un antieroe di questo tipo trovo che sia necessario più di un Apollo. La sua solitudine diviene lo stato della creazione ma anche memento di uno stato della società apparentemente nascosto dietro agli schermi..nel costante timore di mostrarla; Invece è necessario accoglierla e attraversarla per usarla come strumento di rinascita e comprensione di quello che sta accadendo attorno a noi. Mi sento molto più simile a un Efesto che ad Apollo, ci serve più questo stato di onestà nell’arte piuttosto che la mera forma e l’ingannevole e superficiale di molta arte che oggi, compare e scompare con le mode.
HEAT & SOLITUDE, come si evince già dal titolo, parla anche di solitudine. Indubbiamente essa ha la doppia valenza di essere forza distruttiva e creatrice contemporaneamente. Catalizzatrice del processo creativo, quando sborda in quel “deserto del reale”, come direbbe Mark Fisher, che è il sistema in cui esistiamo, diviene l’assoluto cul de sac, d’altronde ci si riconosce solo nell’altro, mettendosi in relazione all’altro per similitudine e differenza. Inquietante come, soprattutto dopo la saga pandemica, sempre più persone tendano naturalmente a isolarsi (tralasciando il simulacro dell’iperconnessione tecnologica) costruendosi un sistema complesso auto-riferito. Sei d’accordo? Come ti relazioni alla solitudine e come credi impattino sul mondo le varianze consuetudinarie al riguardo?
La solitudine è un sentimento complesso e semplice al tempo stesso, ma che oggi mette molte persone a disagio perché non nasciamo come specie solitaria. Ci siamo auto-isolati nelle vite parallele che creiamo in finto racconto della nostra vita sui social, dove questo lato non può mai essere mostrato. E’ proprio questo esilio del sentimento della solitudine che la fa riemergere ed essere più contemporanea che mai; tutto ciò che viene soffocato, seppellito in profondità come magma riemerge senza preavviso ed in modo devastante. Abbiamo scordato l’altro lato della solitudine quella da assaporare, quella che ha a che fare con le nostre antenne connesse al sistema Natura-Mondo; che è poi lo stato dell’artista, l’unico stato possibile di creazione perché è in quei momento che possiamo fare da filtro e forgiare solo quel che resta di essenziale in quel momento. E’ una condizione che personalmente cerco e senza la quale non riesco a immaginare le mie opere.
Nella creazione di quest’opera hai collaborato per la prima volta con un vulcanologo, ma sei solita collaborare con scienziati di vario genere nella concretizzazione delle tue opere, spesso sfaccettate, che fondono natura e cultura (entrambe a loro volta riconoscibili in termini sia scientifici che umanistici). Assistiamo, negli ultimi tempi, al proliferare di collaborazioni tra artisti e ingegneri informatici in cui la figura della “persona di scienza” è puramente tecnica e subordinata. In operazioni come HEAT & SOLITUDE, invece, c’è chiaramente un lavoro di squadra. Cosmi all’apparenza lontani, nelle tue opere, coesistono con naturalezza grazie anche a questo tipo di collaborazione. Viene da pensare che la genesi del pensiero visualizzato che dà vita all’opera attraversa un percorso tortuoso in quanto fondato su una serie di incognite e di elementi cangianti, si scontra con fatti e ipotesi al pari del metodo scientifico, in qualche modo cresce con una concretezza aliena a quel fare saturnino e dionisiaco che un certo tipo di arte coesistente alla tua ha. È così? Ed è così importante radicarsi alla realtà?
HEAT & SOLITUDE nasce prima di tutto da uno scambio tra due esseri umani sulla cima del cratere del vulcano e questo credo sia la base e il presupposto di quasi tutti i miei lavori. Poi subentra l’elemento della conoscenza che può essere artistica, scientifica o naturale, che proprio come gli elementi chimici del vulcano a seconda di come vengono combinati, come si incontrano, come si fondono tra di loro, generano nuove possibilità che prima nessuno vedeva. Collaborare con il vulcanologo Francesco Sortino del INGV è stato per me fondamentale per poter immaginare una scultura in dialogo aperto con il vulcano. Questo significava anche sacrificare una parte del controllo del lavoro, che però è per me un’abitudine che porto avanti nella mia ricerca da molto tempo; tendere le mani verso le leggi che ci governano e usarle in forma poetica (e attenzione non scientifica), è qualcosa che mi attira e che mi dà, come i vapori che fuoriescono dalle viscere della terra, quel senso verso il cielo del fare arte per capire e sentirci al mondo. Come lo stesso magma che crea la terra sulla quale noi camminiamo oggi. C’è stato un tempo di gestazione insieme a Francesco, e anche una parte sperimentale nella quale abbiamo testato dei materiali sulle fumarole del vulcano per capire fin dove mi potevo spingere con la mia idea di sculture. Con il suo aiuto e la sua apertura mentale, abbiamo fatto una cosa unica nel suo genere sia dal punto di vista materico che dal punto di vista artistico, perché ho potuto forgiare un piede in zolfo, cosa che non è per niente semplice e non credo mai fatta prima in ambito di arte contemporanea. E forgiarne un altro di bronzo bianco che a contatto con gli agenti chimici provenienti dal sottosuolo e portati da Francesco insieme alla Performer alla scultura stessa, ne ha modificato e trasformato il colore finale. Il risultato, che dal punto di vista chimico ci aspettavamo diverso ha assunto un colore imprevisto creando un nuovo stupore scientifico, artistico e poetico. E’ stato un vero e proprio lavoro a sei mani con il dio Vulcano.
immagini: (All) Federica Di Carlo, “Heat & Solitude”, As part of Volcanic Attitude, 24 e 28 June 2025, @emiliomessina e @davive jay pompejano
L'articolo Heat and Solitude. In dialogo con Federica Di Carlo proviene da Arshake.
Ci sono ancora pochi giorni per vedere, alla Gazelli Art House di Londra, la mostra “Networked” dell’artista e ricercatore Ernest Edmonds (nato nel 1942), che segna un punto significativo nella sua indagine pionieristica sui sistemi, l’interazione e l’estetica basata sulle macchine. Curata in collaborazione con la storica dell’arte Francesca Franco, la mostra riunisce due opere fondamentali che ripercorrono la pratica di Edmonds dai suoi primi esperimenti nella comunicazione pre-Internet alla sua più recente installazione collegata in rete a livello globale. In concomitanza con SIGGRAPH 2025 a Vancouver (10-14 agosto) e l’Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica, la mostra colloca il lavoro di Edmonds all’incrocio tra sistemi generativi, teoria della comunicazione e interazione guidata dal pubblico. Al tempo stesso giocosa e profonda, Networked esplora il modo in cui Edmonds ha costantemente sfruttato le tecnologie emergenti non solo come strumenti, ma anche come collaboratori nella creazione di nuovi tipi di esperienza estetica.
Il fulcro della mostra è la prima assoluta di Quantum Tango (2025), l’opera d’arte in rete più ambiziosa realizzata finora da Edmonds. L’opera è strutturata come un trittico interattivo in tempo reale, con ciascun pannello situato in una città diversa: Londra (Gazelli Art House), Vancouver (SIGGRAPH) e Padova (Centro Culturale San Gaetano). Le tre sedi sono collegate tramite dati in tempo reale e streaming video, consentendo ai partecipanti di ciascuna città di plasmare – ed essere plasmati da – la composizione in evoluzione attraverso la rete. Fasce di colore mutevoli, motivi e frammenti fotografici scattati da Edmonds in ciascuna città fondono la logica algoritmica con il feedback in tempo reale dei movimenti del pubblico. Allontanandosi dalla logica binaria classica della precedente arte computazionale, Quantum Tango attinge ai principi incerti e probabilistici della logica quantistica, introducendo un’apertura poetica nel modo in cui l’opera si sviluppa. Accanto a questa nuova commissione è esposta una versione recentemente ricostruita del Communication Game di Edmonds, ideato per la prima volta nel 1969, prima dell’avvento di Internet. Descritto dall’artista come una “macchina di comunicazione”, il Communication Game originale utilizzava semplici segnali luminosi per creare interazione tra partecipanti che non potevano vedersi. La sua funzione principale non era quella di trasmettere informazioni, ma di generare un’esperienza di attenzione condivisa e coinvolgimento reattivo: un ripensamento radicale di ciò che potrebbero essere sia la comunicazione che l’arte.
A differenza di un’opera d’arte convenzionale legata a un singolo oggetto, Communication Game è stata concepita come un sistema modulare e concettuale che poteva essere realizzato in molte forme. Nel corso degli anni è stata reinterpretata con tecnologie in continua evoluzione: dai circuiti costruiti a mano negli anni ’70 alle versioni basate su software negli anni ’90 e, più recentemente, alle ricostruzioni alimentate da Arduino per le mostre in Brasile e nel Regno Unito. L’attuale versione alla Gazelli Art House ripristina fedelmente la struttura originale utilizzando strumenti contemporanei, consentendo ai visitatori di interagire direttamente con un’opera che ha anticipato l’interesse odierno per l’arte mediale partecipativa e in rete.
Insieme, Quantum Tango e Communication Game rivelano il fascino duraturo di Edmonds per l’estetica dell’interazione, non come spettacolo, ma come esperienza che si dispiega attraverso il comportamento, l’attenzione e la contingenza. Il suo approccio riflette una ricerca permanente sul ruolo dei sistemi nella creatività e su come la tecnologia possa servire non a sostituire l’artista, ma ad ampliare lo spazio delle possibilità estetiche.
(dal comunicato stampa)
Immagini: (cover 1-2) Ernest Edmonds, “From Quantum Tango”, 2025, courtesy l’ Artista (2) Ernest Edmonds, “Networked”, Gazelli Art House, panoramica d’installazione (3) Ernest Edmonds, “Notes on Communication Game”, 2000, courtesy l’Artista
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Elena Giulia Rossi: Da dieci anni a questa parte Ibrida si è ogni volta arricchita ed evoluta per numero e varietà di eventi e opere. Quest’anno, celebrando la decima edizione, la proiezione al futuro proviene anche da uno sguardo a ritroso, al corpus di opere presentate nel tempo riletto come “un grande organismo in divenire”. In che modo avete restituito questo sguardo?
Francesca Leoni e Davide Mastrangelo: Abbiamo scelto di considerare il nostro archivio non come un insieme di memorie statiche, ma come una materia viva, capace di dialogare con il presente e di indicare nuove direzioni. Riguardando dieci anni di opere, si percepisce chiaramente come la videoarte e l’arte performativa abbiano reagito ai mutamenti sociali, politici e tecnologici. In questo senso, l’archivio diventa un vero “organismo in divenire” che respira con le trasformazioni del mondo, proprio come accade nei grandi musei internazionali che, negli ultimi anni, hanno iniziato a considerare la media art non solo come documento, ma come presenza viva e necessaria per rappresentare il presente.
Il tema di questa edizione è “Moltitudine”. In relazione alla pluralità dei linguaggi, quanto è importante per voi oggi riconoscere (e che sia riconosciuta) la specificità della videoarte?
La videoarte oggi si muove in uno spazio complesso: da un lato il linguaggio video è diventato quotidiano, pervasivo, parte integrante del nostro modo di comunicare; dall’altro rischia di essere confuso con la produzione di immagini effimere e di consumo. Per noi, riconoscerne la specificità significa sottolineare la sua forza poetica, politica e percettiva: la capacità di generare esperienze trasformative.
In un contesto di “moltitudine”, il video è una vera lingua madre della contemporaneità ed è l’uso consapevole e radicale a trasformarlo in arte. Proprio perché siamo oberati di contenuti audiovisivi, sentiamo la responsabilità di tracciare traiettorie chiare, evitando che tutto finisca nello stesso calderone indistinto. Il nostro compito è presentare allo spettatore il fenomeno per quello che è, ma al tempo stesso offrirgli strumenti utili per analizzare e comprendere l’opera.
Come si sono trasformati tecnologia e linguaggio video in questi ultimi dieci anni?
Dieci anni fa parlavamo ancora di “digitale” come di una frontiera necessaria; oggi siamo immersi in un ecosistema visivo in cui AI, realtà aumentata, streaming in tempo reale e linguaggi interattivi sono parte integrante della produzione artistica. Il linguaggio video ha assorbito contaminazioni dalla game art, dalla computer graphics e dall’arte generativa, creando un terreno ibrido in cui l’artista è spesso al tempo stesso programmatore, performer e regista. Oggi il sistema produttivo sta cambiando in maniera esponenziale: con l’avvento dell’AI, la distinzione tra produzione e post-produzione tende a dissolversi. Non c’è più un “dopo” in cui si interviene a montare o correggere, ma un processo circolare in cui l’opera nasce già all’interno di un flusso continuo di generazione, modifica e rielaborazione. Questo significa che l’atto creativo non si conclude, ma rimane aperto, in trasformazione permanente. Questa fluidità riflette l’andamento dell’arte contemporanea internazionale, dove le categorie tradizionali vengono costantemente messe in discussione.
Cosa ci aspetta quest’anno nella sezione dedicata alle installazioni inaugurata nel 2022?
Quest’anno la sezione installativa affronta un tema cruciale della nostra contemporaneità: l’universo dei social network, spazio in cui la “Moltitudine” ha trovato una voce amplificata, ma non sempre armoniosa. Ci troviamo in un’arena dove la parola si moltiplica fino a diventare rumore e il dialogo viene spesso sostituito dall’eco delle emozioni più immediate.
In questo contesto, Max Magaldi con Vainglory trasforma lo spazio in un paesaggio immersivo di dispositivi e voci digitali, riflettendo sul bisogno compulsivo di apparire. Igor Imhoff con Portable Insult Machine mette in scena la violenza verbale online, ribaltando i ruoli e ponendo lo spettatore davanti a un algoritmo che lo osserva e lo offende. Sara Koppel con The Garden of Water Lilies propone invece un’opera poetica in realtà aumentata che riattiva il legame tra uomo e natura. Tre prospettive diverse che illuminano la moltitudine digitale e le sue contraddizioni.
Quali considerazioni sono emerse dalla valutazione con la giuria delle opere ricevute per la open call?
Abbiamo registrato una forte presenza di opere sulla memoria e sulla stratificazione delle immagini, spesso intrecciando archivi familiari, documenti storici e materiali generati con AI. La geografia artistica si è ampliata: accanto a paesi già attenti come Belgio e Brasile, emergono nuove scene dall’Asia e dall’Africa, segno di un linguaggio ormai globale.
La Cina si è distinta per la qualità dei lavori e per l’uso di media diversi, come i videogame, per analizzare e rielaborare il reale. Un esempio è A Camera and an Engine di Yuting Chen, che segue la vita sospesa di una giovane live streamer tra digitale e fisico, alternando glitch e bug a metafore di precarietà e ansia sociale. L’opera riflette la fragilità dell’identità in una società ipercompetitiva, dove l’immersione digitale amplifica e al tempo stesso frattura l’esperienza vissuta.
Tutto questo conferma come la videoarte, pur nella sua specificità, sia oggi una piattaforma di dialogo interculturale e uno strumento prezioso per leggere le complessità del presente.
Quest’anno prologo al Festival sarà la collettiva “Anatomie Digitali”. Potete raccontarci di questo progetto e delle 5 aree tematiche?
Anatomie Digitali è il prologo con cui celebriamo i dieci anni di Ibrida Festival. Non è una semplice retrospettiva, ma un’indagine poetica e curatoriale sul corpo audiovisivo e sulle sue metamorfosi nell’ultimo decennio. Seguendo l’etimologia di “anatomia” abbiamo aperto il nostro archivio come farebbe un anatomista: per guardare dentro, scomporre, dissezionare. È anche uno sguardo critico, vicino a quello foucaultiano, che osserva come il potere e il sapere si inscrivano sul corpo.
Il percorso attraversa oltre quindici paesi, intrecciando linguaggi ed estetiche globali senza perdere il legame con il territorio, e si articola in cinque aree tematiche, come organi vitali di un corpo in divenire:
Anatomie Digitali si configura così come una mappa fluida e multicentrica delle estetiche contemporanee, un atto d’amore verso la ricerca e l’ibridazione, ma anche una riflessione critica sulla condizione phygital in cui viviamo, sospesi tra biologico e artificiale, tra presenza e traduzione algoritmica.
Anche quest’anno ci sono novità importanti sul fronte dei riconoscimenti e delle residenze…
Quest’anno inauguriamo per la prima volta una residenza artistica interamente ideata e voluta da Ibrida: un passo che sognavamo da tempo e che segna un’evoluzione importante nel nostro rapporto con il territorio.
Per noi, residenze e riconoscimenti non sono solo premi, ma occasioni per creare legami e lasciare tracce concrete. Lo scorso anno, ad esempio, il vincitore del Premio Fabrica ha visitato Forlì durante il festival, realizzando riprese che entreranno nel suo prossimo lavoro.
Quest’anno facciamo un ulteriore salto in avanti grazie alla collaborazione con Atrium, associazione europea con sede a Forlì. L’artista selezionato da Ibrida vivrà la città e realizzerà un’opera di videoarte dedicata alle sue architetture dissonanti. L’opera sarà presentata in anteprima alla prossima edizione del festival e resterà nella collezione di Atrium, diventando una memoria visiva condivisa.
Considerazioni finali e augurio per il futuro.
Venendo a Forlì, il pubblico troverà non solo un festival, ma un’esperienza collettiva. Ci piacerebbe che Ibrida fosse percepito come un luogo dove l’arte non si limita a essere vista, ma vissuta e condivisa.
Dopo dieci anni ci guardiamo indietro con stupore: non avremmo mai immaginato di arrivare fin qui. Abbiamo attraversato momenti difficili e gioie inattese, e ogni edizione ha lasciato tracce profonde in chi vi ha preso parte. Il nostro augurio è che questa moltitudine continui a crescere, intrecciando esperienze locali e traiettorie internazionali, come un mosaico in continua espansione capace di restituire il senso di un tempo che cambia e, insieme, di una comunità che evolve e si trasforma.
Immagini: (cover 1) Albert Merino, «Le Monde Sublunaire», 2022, frame da video (2) Debora Vrizzi, «Family Portrait», 2012, frame da video (3) Ibrida Staff 2025, © Vertov Project, photo by Andrea Bardi (4-7) GARY HILL, !SELF series», Courtesy dell’artista e Galleria Lia Rumma Milano- Napoli (5) Yuting Chen, «A Camera and an Engine», 2024 (6) Georgios Cherouvim, «Geophone», 2016, frame da video (7) Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, © Vertov Project, photo by Andrea Bardi
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FRAME cattura una immagine di Dalunsch, performance di Victorine Müller realizzata presso Kunst- und Kongresszentrum Thun nel 2019, esplorazione di leggerezza e permeabilità, parte di un processo di trasformazione.
L'articolo FRAME > Dalunsch proviene da Arshake.
VIDEO POST rilancia Buoyant Choreographies di Dennis Hong, Yusuke Tanaka. Palloncini robotici si muovono liberamente nello spazio condizionati anche dall’interazione dei visitatori attraverso tatto, gamepad o flussi d’aria direzionati.
L'articolo VIDEO POST > Buoyant Choreographies proviene da Arshake.
Oriana Persico, artista e scienziata cyber-ecologista, porta all’Expo 2025 di Osaka pneumOS, un’opera interattiva che unisce arte, scienza e tecnologia per trasformare i dati sulla qualità dell’aria in un’esperienza sensoriale e poetica. A metà tra polmone e strumento musicale, l’installazione respira con la città e con il Padiglione Italia, coinvolgendo i visitatori in una nuova consapevolezza del bene comune più essenziale: l’aria. Composto da una sacca respiratoria e cinque membrane sonore, elabora in tempo reale le rilevazioni di tre centraline di Ravenna, traducendole in una “Grammatica del Respiro” che varia dal respiro calmo e armonico dell’aria pulita all’ansimare acuto dell’inquinamento, arricchita a Osaka da un anello di LED che scrive nell’aria un linguaggio luminoso. Collocata nella sezione “IO” del Padiglione Italia, progettato da MCA – Mario Cucinella Architects, l’opera dialoga con capolavori come l’Atlante Farnese, Leonardo, Caravaggio e Tintoretto, incarnando il tema “Art Regenerates Life” e coinvolgendo i visitatori in un’esperienza co-sensibile che li trasforma in custodi del respiro urbano.
Questa è la terza opera datapoietica, dopo Obiettivo (2019), esposto nella Collezione Farnesina, e U-Datinos (2021), presentato presso l’Ecomuseo Urbano Marememoria Viva a cura del Centro di Ricerca HER – She Loves Data, e rappresenta la prima realizzata dopo la scomparsa di Salvatore Iaconesi, con cui Oriana Persico ha fondato il duo artistico AOS – Art is Open Source. L’opera recupera, rinnova e rigenera l’intero pensiero di Iaconesi sulla datapoiesi, trasformando i dati in materia sensibile e linguaggi condivisi.
pneumOS rappresenta un gesto radicale, un organo cibernetico respira con la città, trasformando dati invisibili in esperienza co-sensibile. Non è una semplice installazione tecnologica, ma una creatura vivente di luce, suono e movimento, capace di far emergere una grammatica del respiro come dato aperto dove la scienza incontra la poesia. pneumOS alimenta, registra e traduce il battito invisibile dell’epoca contemporanea, l’aria che respiriamo, fragile e condivisa dove la pratica e la tattica coabitano nutrendo un’eredità personale e collettiva. Visivamente, pneumOS sfida ogni categoria, è esotico senza essere esoterico, festoso come una celebrazione che accoglie il rituale del respiro del mondo. Le sue forme ricordano foreste, membrane, funghi e meduse fuse in un ecosistema alieno, un paesaggio che potrebbe appartenere tanto a un futuro ipertecnologico quanto a un mito primordiale. Il respiro non è solo metafora, ma meccanismo concreto attraverso cui l’opera stabilisce una relazione dinamica con l’ambiente e gli osservatori, creando un ciclo di influenze reciproche che ricorda i processi di coevoluzione tra specie biologiche.
La sua fisicità – a metà tra un polmone e uno strumento musicale – tradisce-traduce la sua vocazione, essere una macchina empatica, un organismo che non misura soltanto, ma sente e con-sente. I dati sulla qualità dell’aria non sono qui cifre fredde, ma diventano ritmo, vibrazione, colore e frequenza sonora. L’aria pulita “suona” con toni limpidi, quella inquinata geme con bassi cupi. pneumOS appartiene a una nuova generazione di “organi senza corpo”, non più un cyborg nel senso tradizionale, perché non fonde carne e metallo, piuttosto un infoborg (termine prestato da Luciano Floridi), un agente “data-zoetico” che contiene al suo interno la vita dei dati, i respiri dei viventi, nel loro farsi contemporaneamente poiesis e áisthesis, incrocio sensibile del sentire comune. pneumOS è entità che vive e si riproduce nel sistema epigenetico della cultura. Come nella biologia l’epigenetica trasmette informazioni senza mutare il DNA, così pneumOS dissemina conoscenza e pratica senza vincoli di hardware unico, ma di codice aperto. pneumOS è pensato per essere replicato, modificato, trapiantato in altri contesti urbani, ogni città può accoglierlo e dargli un respiro unico e irripetibile. L’“anatomia di questo organo alieno è un apparato respiratorio robotico che simula un polmone umano, membrane fonatorie che traducono i dati in suono, un anello di LED che scrive nell’aria un linguaggio luminoso.
Ma la vera innovazione sta nell’includere, nella sua tassonomia, il “ruolo nell’ecosistema”: l’osservatore diventa parte attiva, sviluppa senso-abilità (sensable) assumendosi responsabilità verso ciò che respira insieme a lui. Non si è più spettatori, ma custodi respons-abili e abilitati alla responsabilità. Dentro pneumOS c’è la memoria di Salvatore Iaconesi, il suo pensiero che si trasforma in battito continuo, un codice che respira pneumatiche vibrazioni, conservando e riabilitando dentro le due lettere grandi OS l’inizio verso una mentalità aperta (open source) che registra anche il cuore universale e autentico di Oriana-Salvatore. pneumOS consegna nel suo grembo materno e generativo una “scuola di conoscenza”, smontando, hackerando e ricostruendo un laboratorio vivente affinché diventi linguaggio comune, in un’epoca di crisi del respiro – inquinamento, crisi climatica, pandemie. pneumOS non è solo una diagnosi, ma una terapia. Se l’aria è bene comune, allora pneumOS aziona e sviluppa un’intelligenza collettiva-connettiva-generativa capace di trasformare la qualità dell’ambiente in pratica di cura reciproca. Il suo respiro è fisico e metaforico, pulsa con la città, custodisce memorie e genera presente che trasuda la perfomance di un futuro che ha nel suo nervo il participio del presente del r-esistere. È un respiro nuovo per un mondo-mondi che deve imparare a respirare diversamente – e farlo insieme (co-respirando).
preghiera
nascosta
espira
umbratile
mondi
Organici
Spirano
immagini (tutte): (cover 1) Oriana Persico,«pneumOS», Expo 2025
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L’acqua e la vita sono intimamente connesse sulla Terra. I mari e gli oceani sono stati elementi di divisione e separazione geografica. Allo stesso tempo, hanno collegato culturalmente e storicamente persone e culture. Oggi, le tecnologie di rete collegano culture e persone, ma per secoli le rotte marittime e le imbarcazioni hanno rappresentato la rete di collegamento a più lungo raggio.
Dal 2018, il progetto “Dialogues across the Seas” ha esplorato i cambiamenti radicasubiti dai nostri mari molto diversi in diversi angoli del pianeta e come essi manifestino molte somiglianze inquietanti che finiscono per collegarci tutti. Per mappare queste connessioni, abbiamo utilizzato una serie di interventi di ricerca tangibili (installazioni artistiche, conferenze e pubblicazioni) all’incrocio tra arte e scienza. Il denominatore comune di questi interventi è l’acqua, l’oceano e il mare intesi in senso lato, e le popolazioni di esseri umani e non umani collegate attraverso la loro fluidità e che vivono in loro prossimità.
Il nostro prossimo intervento sarà una serie di pubblicazioni tematiche cartacee/digitali. Il nostro obiettivo è quello di mettere in discussione le prospettive monolitiche/monotematiche/omogenee sul mare, sull’oceano e sull’acqua.
Abbiamo bisogno del vostro aiuto! Vi preghiamo di inviarci (max 250 parole) proposte di brevi articoli, letteratura e narrativa, e manufatti entro il 1° ottobre 2025.
Inviate le proposte e le richieste di informazioni a Roberta Buiani: rbuiani@gmail.com
Argomenti suggeriti (non limitati): traversate marittime, spostamenti e migrazioni; mari nord-sud; il mare/l’acqua come metafora; i molti modi in cui culture diverse risuonano con/percepiscono il mare/l’oceano; la vita non umana sott’acqua; le ecologie del mare/dell’acqua; le tecnologie subacquee e l’estrattivismo; la decolonizzazione del mare; l’abisso e lo spazio; il cambiamento climatico e l’acqua/l’oceano.
More at: https://artscisalon.com/dialogues/
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Lunario per sonnambuli è un progetto editoriale pensato da Zaelia Bishop, con il testo critico e la cura di Nicoletta Provenzano per la collana Traffici d’artista, curata da Carmelo Cipriani, anche autore della postfazione, per le edizioni Esperidi. La collana, inaugurata nel 2013, racchiude pagine, in cui gli artisti e la loro arte incontrano la carta stampata.
Il libro d’artista, l’undicesimo numero, a seguito dei nove libri precedenti caratterizzati dalla copertina bianca con dettagli e testi in nero, reca la copertina dominata dal colore nero. È edito nella tiratura limitata di cento copie numerate e personalizzate con una serigrafia dell’ardesia dall’artista. Il progetto grafico è di Zaelia Bishop e di Matilda Prisco.
Il Lunario per sonnambuli di Zaelia Bishop è discesa tra gli anfratti più aguzzi del ricordo, sconfinata dispersione tra le terre percorribili del vero e digressioni oniriche in isole lontane della memoria ora ritratta fedelmente nel suo profilo, ora alterata da erti sensazioni memoriali. Non fortuitamente, le voci, in un dialogo continuo e sconnesso, sono due, proprio come la voce primaria dell’attore e il suo coro che, tuttavia, non segue l’intenzionalità del primo soggetto ma, sovente, se ne distacca in un linguaggio ricco di allusioni e di riferimenti di un trascorso che, per essere esaminato, necessita non solo di un’ampia volontà d’indagine ma anche di una forte conoscenza culturale in grado di discernere simboli e termini condensati in una ricchezza immaginativa insolita e preziosa, originante una sincera “συμπάθεια” (sympatheia), un portato emozionale che trascende la realtà e coinvolge, in un unico respiro, i lettori in un sentimento di partecipazione al sentire, sia positivo sia negativo. In effetti, la forma breve dei versi e l’impostazione ricercata sembrano riportare in auge i versi degli epigrammi greci nel cogliere aspetti significativi tanto della realtà quanto del sogno, come mordaci iscrizioni o componimenti con lo scopo poetico di ripercorrere il ricordo di quel che è avvenuto. Brevi incisioni di colore poetico sono senz’altro i versi dell’artista che, a partire da un’immagine visiva e sonora della caduta e successiva frantumazione dell’ardesia in frammenti vivi e taglienti, compie un’esplorazione interiore tra le radici del presente e i germogli del ritroso. Ci appare spontanea così la prima immagine che apre il prezioso volumetto, il Pyramidion, simbolo di un dialogo tra materia e spirito e incipit di un percorso di risveglio e scoperta tra il sogno e la realtà, tra il vissuto e il sognato, tra il posseduto e il desiderato. Come l’ardesia, anche il granito può recare iscrizioni volubili al tempo. Una scrittura fragile e variabile che raccoglie una gerarchia temporale, dall’infanzia all’età adulta, tra cielo e terra, una rinascita continuativa tra il mondo terreno e quello celeste, un ponte tra il piano fisico e quello invisibile.
Pyramidion
estrema
unità
integra
Dunque, una dimensione che si disperde e, unitamente, protegge nel suo stesso non-luogo.
ovunque
nascondimi
Come preghiera propiziatoria e rivolta a una madre fedele del suo amore, avviene la richiesta di non essere palesato alla luce di Ra ma di essere sostenuto dall’Occhio di Horus.
La capanna di felci
In questo secondo atto, inizia la duplicità della voce. Le felci hanno una consistenza resistente che imprime, al rifugio, tutta la saldezza richiamata dal Pyramidion, in un ambiente naturale e selvaggio, sicché familiare. Seppur temporaneo punto di osservazione, è stabile dimora in cui l’io della narrazione afferma:
Qui ricordo il letto di un fiume,
oppure un sentiero di rami e pietre
Mentre la voce corale spinge a una seconda rimembranza non antitetica:
Qui ricordi quanto fosse rapido il vento sopra i tetti
La curatrice del volume, Nicoletta Provenzano, assurge a un’oniromanzia della mente che richiama luoghi intimi e ancestrali del passato, secondo una tettonica di reminiscenze. Una lettura critica certamente da perseguire nel trasporto del vissuto dell’artista. Le felci introducono a un altro elemento, nella loro valenza di portafortuna per molte culture, da cui sono associate a rituali propiziatori per la protezione contro il male e per l’augurio di prosperità, nonché al forte nesso con la Natura, con il suo vigore vitale e il suo senso di purificazione.
L’incipit del libro appare quindi come un rito propiziatorio e di purificazione di ingresso a un mondo tanto intimo quanto scosceso, in cui il vento si fa veloce sopra lo stesso riparo e nella culla della vita stessa. E il tetto diviene porta, da cui poter osservare dall’alto verso il basso e nella direzione opposta e da cui poter spiare i nidi dei colombi. La fragilità diviene forza e punto di osservazione del fantastico. E il coro interviene nuovamente come madre, sia per la cartolina inviata e strappata, sia per la mela di cui racconta la voce in prima persona, in quel pianeta delle isole gigantesche, un luogo così apparso all’io narrante.
E, ancora, nella leggerezza e nell’eleganza che assimilano un ideogramma orientale a un fiocco di neve, scorre il ricordo di un gesto privato e profondissimo, l’unione delle stelle in oracoli oppure in arcipelaghi. Poi emerge il distacco del coro che ammette l’errore della lontananza di un’estate, durante cui le strade con l’io narrante si dividono. Tuttavia, le reminiscenze continuano nella figura di un albero, ove insieme l’io e il coro andavano a rubare le ciliegie, lo stesso da cui l’io era caduto. Una caduta forse fisica e, insieme, simbolica come le ciliegie.
La ciliegia è sangue e cuore, è un frutto che non tradisce l’arrivo del lettore in questo determinato punto del libretto ma, contrariamente, lo dota di tutta la consapevolezza del momento. Se la lettura evolve in una fase di climax per l’intensità, è necessario ricordare il monito al mondo orientale, secondo cui i Sakura sono equivalenti alla rinascita, alla vanitas e alla bellezza effimera. Ordunque, possiamo intravedere il fiore dell’invisibile, il risorgimento del πάντα ῥεῖ, del “tutto scorre”.
L’autore mi perdonerà il riferimento a Il giardino dei ciliegi, ultimo lavoro teatrale di Čechov, il cui testo teatrale della malinconia colpisce per l’immediatezza delle emozioni che fa scaturire in chi legge. Soprattutto, i ciliegi si connotano per il loro significato simbolico nei versi che ricordano, come in maggio, sono fioriti, ma nel giardino fa ancora freddo. L’arrivo di questi versi esprime quella parte di sé che il tempo tende ad affievolire, pur se contro le nostre chimere. È metafora della resa nostalgica a un mondo di desideri ed illusioni, arpionato dal tempo che passa e da una rinnovata realtà. Si dischiudono i ricordi del gioco come il fingere di avere occhi di rondine e denti di puma.
Queste sono le rovine dove si impigliano
le mute dei serpenti
Dietro quelle cortecce covano
larve di falena
Il cambiamento di pelle è anche mutamento individuale. Sotto la corteccia, quello strato liminale, si nascondono i germogli della rinascenza. La fine di un’estate e il richiamo della civetta sono conseguenze inconsce e autentiche, nel loro essere simboli di saggezza e mistero. Si vede oltre l’oscurità, oltre al buio congelato nella stanza e caduto in pezzi, proprio come la roccia metamorfica caduta in terra e scompostasi in più parti che ora trasmutano e si collocano al centro del “racconto” in versi.
Dal fondo di questo pozzo si risale cambiati (…)
Io sono per te le ore di veglia e l’ascia bipenne
Il coro lega l’io alla riflessione, a un tempo in cui allontanarsi dal caos della vita quotidiana per l’introspezione, alla ricerca spirituale, in cui si assottiglia il velo tra il mondo materiale-terreno e quello spirituale e all’ascia bipenne che, per alcune culture antiche, è simbolo di potere, di regalità, di forza divina e della dualità della vita e della morte. Spesso è associata alle fasi della luna. Sorge, verso la conclusione, un’allusione al dialogo. Ci appare chiaro ora il Lunario che, da un volto femminile e materno, esprime tutta la volubilità della vita.
Cos’altro c’è stato?
Più niente,
la polvere della polvere,
nebbia di calce,
pulviscolo d’ossa
In questa grotta dove finisce il fiume
restano le carcasse di ogni cosa che è stata
Questo è un letto, e adesso dormiamo.
Il volume si chiude nella placida calma del letto di un fiume nella nebbia di calce. Una parentesi di alta poesia che stringe, fortissime, la vita di allora e la vita presente, metamorfizzando quei frammenti a nuove unità di senso.
immagini: (cover 1) Zaelia Bishop, «Lunario per sonnambuli», Edizioni Esperidi, Collana Traffici d’artista (interno), foto Ludovica Annes (2) Zaelia Bishop e Nicoletta Provenzano alla presentazione di Lunario per sonnambuli, Curva Pura, Roma, Courtesy Curva Pura, foto Ludovica Annes (3) Zaelia Bishop,«Lunario per sonnambuli», Edizioni Esperidi, Collana Traffici d’artista (interno), foto Ludovica Annes
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15 Oct 2025
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30 Sep 2025
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25 Sep 2025
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30 Sep 2025
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28 Sep 2025
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23 Sep 2025
The Cincinnati based non-profit arts organization and gallery, Manifest, invites visual artists and designers to submit works that examine the aesthetics of technology across time and media.
INTERFACE is an exhibit about the aesthetics of technology, with a focus that includes the emerging trends of new media, but also historical ones. As technologies evolve, so do their looks and feels: business-like terminals, 8-bit pixels, psychedelic pulp, the charm and color of Y2K, even the rhythm and timbre of the never-ending streams in our pockets. Each shift reveals not only technological progress, but cultural mood, nostalgia, and projection into the future.
Yet the aesthetics of our technologies are part of a longer story. Rasping marks in wood, a distinctive brushmark or smudge of oil paint, the crackle of vinyl, or the grain of film all remind us that technology—old or new—imprints itself on the art it makes possible.
The Cincinnati based non-profit arts organization and gallery, Manifest, invites visual artists and designers to submit works that engage with the universal language of numbers, as both measurement and metaphor, structure and symbol.
We live by numbers. We count the days until a child is born, and the days since. We mark time in birthdays, anniversaries, and retirements. We measure progress in grades, salaries, “likes,” years on the job, and steps taken or miles run. Numbers shape how we understand ourselves and the world—our distance traveled, our age, our debts, our hopes.
Numbers are also a language. They describe not only what is tangible but also what lies beyond immediate observation—weather patterns, the speed of light, the pull of gravity, the scale of galaxies. Like letters and type, they carry formal beauty in their shapes and arrangements. Writing the notation for a perfect sphere is so much simpler than drawing one, and yet both actions “mean” the same concept.
The Cincinnati based non-profit arts organization and gallery, Manifest, invites visual artists and designers to submit works that use or examine repetition, either as a formal approach or as an underlying concept.
Repetition sets precedence. A repeated element, audible, visual, creates a pattern. This pattern, its predictability, leads to rhythm and continuity. It creates a sense of movement in time or place. When you break that pattern and interrupt the flow you have created you subvert that continuity and pull the rug out from the viewer. The use of repetition both builds and disrupts.
Repetition allows for comparison. Being refections of each other, doubles and doppelgängers highlight difference and create a dialogue.
Repetition is action full of care. Re-addressing a familiar subject permits you to return to it again with new knowledge, gained the first time you paid it attention.
Repetition persists. Trying again and again begets mastery. It erodes shorelines and carves canyons.
Repetition disseminates. Multiples, editions, clones, and copies spread, reaching far from where they originated.
For FROZEN, we seek photography that captures the distilled essence of winter—its clean lines, soft textures, and silent spaces. Think snow-covered hills at dawn, delicate frost crystals, breath turning to mist, frozen rivers, or the quiet geometry of ice.
Whether stark and minimal or rich with detail, we welcome work that celebrates winter’s ability to transform the ordinary into the extraordinary. All photographic approaches are encouraged—black and white, color, traditional, experimental, and everything in between.
We look forward to seeing how you capture the frozen world.
Thunderbird Artists was approached and has now joined forces with the Downtown Chandler Community Partnership (5th year in a row) to produce an annual fine art and wine festival.
Located in the heart of the Downtown Chandler historic district.
With national industry leaders such as Intel, Northrop Grumman, Amkor Technology, Apple, Keap, Blue Yonder (formerly JDA Software), Insight, Boeing, GoDaddy, PayPal, Honeywell, Waymo, the GM Innovation Center, and Microchip calling the region home, it's clear that the East Valley has evolved.
Thunderbird Artists Mission Statement: to promote fine art and fine crafts, paralleled with the ambiance of unique wines and music, while supporting the artists, merchants and community.
The 15th Annual PleinAir Salon is an online art competition with 11 monthly cycles, and is open to a variety of mediums and styles. It’s not just for plein air painters! We invite a variety of top master artists, museum directors and gallery owners to judge each month. All monthly winners are automatically included in the Annual Competition where the Grand Prize winner receives $15,000 and has their painting featured on the cover of PleinAir Magazine, the #1 representational art magazine at Barnes & Noble.
In addition to over $50,000 in ALL Cash Prizes, winners receive exposure and recognition through our various magazines, websites, newsletters and social media platforms.
The Museum of Northern Arizona invites applications for the 2026 Namingha Institute Master Class, honoring the Namingha family’s commitment to supporting and nurturing young artists. This two-week residency provides six artists with a stimulating environment to explore diverse media, draw inspiration from the Colorado Plateau, and connect with master artists.
Dates: April 26 – May 10, 2026
Location: Museum of Northern Arizona in Flagstaff, AZ
Benefits: $1,500 stipend, lodging, and one-on-one instruction with master artists, who may invite other distinguished artists to instruct at their discretion. Participants will also tour MNA’s Platinum LEED-certified Easton Collection Center and engage directly with the region’s cultural and natural heritage.
Application instructions available on MNA's website https://musnaz.org/namingha/
Presenting the best in contemporary and traditional printmaking, the North American Print Biennial has long been recognized as one of the most prestigious events of its kind. Founded in 1947, the mission of The Boston Printmakers is to promote public knowledge of printmaking, encourage and support artists working in printmaking, and promote excellence and innovation within the field of printmaking.
Artists 18 years and older who are living and working in North America are eligible to enter. Original, innovative works in all printmaking media are eligible. Photographs, offset reproductions, or reproductions of artwork originally produced in another medium will not be considered. Submitted work may not have been exhibited in any other Boston Printmakers exhibition. Artists may submit up to three digital images of original prints completed between 2023-2026. Biennial Webpage HERE
Exhibition dates: September 8 - November 21, 2026
Public Reception and Juror’s Talk: Saturday, September 19, 2026
Venue: 808 Gallery, Boston University
Photos: Award winners from the 2023 North American Print Biennial
RevArt invites 2D artists to submit work for Heatwave: Tampa Colors in Abstract, an upcoming Fall/Winter 2025 exhibition celebrating Tampa’s vibrant spirit through bold, expressive abstraction. We’re looking for works that channel the city’s warmth, energy, and distinctive color palette—from fiery sunsets and sparkling waterfronts to its lively cultural heartbeat.
Selected works will be featured in a high-visibility exhibition, offering artists the chance to connect with new audiences and collectors in one of Florida’s most dynamic art scenes. In addition, selected pieces may also be purchased by the exhibition’s venue sponsor.
Preferred Mediums & Styles:
2D artworks: painting, drawing, mixed media, printmaking, collage
Abstract art is preferred, but expressive semi-abstract works will also be considered
RevArt is a hub for visual artists to advance their careers. We operate alternative art spaces in Minneapolis, Richmond, Toronto, Winnipeg, Atlanta, DC, Charlottesville, and Nashville. Our mission is to make art accessible to all while creating more opportunities for emerging and underrepresented artists.
Apply here
The Cincinnati based non-profit arts organization and gallery, Manifest, invites visual artists and designers to submit works about revelations, sudden comprehension, and epiphanies from within the mundane.
In the repetition of the everyday, the smallest glimmer can cut through like a bolt of lightning—or arrive more gently, through a subtle but irrevocable shift. A whisper. Despite its brevity, it appears at just the right moment to change you. And changed, you may see everything differently.
Glimmers usually come unbidden. They find us in the shower, while preparing a meal, walking the dog, sweeping the studio floor. Magic arises from the mundanity of life—the neutral backdrop against which something unexpected and transformative can emerge. These flashes of the divine reach us when we are open enough, still enough, to receive them.
This exhibition will showcase works that emerge from or reflect on such moments of insight—when the everyday becomes fertile ground. A half-finished sketch, a broken vase, an old object, a glance out the window, a shimmer of light through a glass of water: each can become a door to something more.
The Cincinnati based non-profit arts organization and gallery, Manifest, invites visual artists and designers to submit original works of art in any media, any genre/style, any size for consideration to be awarded this year’s Manifest Prize. One work will be selected for the $5,000 award, featured in the gallery, and published. Four semi-finalist works will also be recognized and published.
Works submitted must have been completed within the past five years (2020-2025), and must also be available for the exhibition period of early December through mid-January in order to be eligible.
Entry Fee: $60 for up to five entries submitted. $5 per each additional entry.
L’Art dans vivre, c’est un nouveau programme d’accompagnement de 2 ans qui associe un espace d’atelier au sein de la Fabrique Pola avec la transmission d’un ensemble de ressources et de repères, par un collectif d’acteurs professionnels, sous la forme d’entretiens-conseil, de parcours apprenants, de visites d’ateliers avec des commissaires d’exposition et des acteurs de la diffusion et une temps de présentation de votre travail. A l’issue de ce parcours, vous repartirez avec un texte rédigé par un.e critique d’art, des outillages sur toutes les composantes de votre environnement professionnel, un réseau pro enrichi de contacts et de perspectives et une expérience vécue de la coopération au plus près de la communauté artistique et culturelle de la Fabrique Pola.
Vous êtes artiste-auteur.ice du champ des arts plastiques et visuels, engagé.e dans une pratique professionnelle, candidatez !
À l’impulsion de la Fabrique Pola, Documents d’artistes Nouvelle-Aquitaine, Pointdefuite et Zébra 3, structures déjà toutes alliées au sein d’un même projet associatif, un dispositif d’appui à la professionnalisation a été prototypé pour un groupe de 6 candidat.e.s s’inscrivant dans une communauté d’artistes de plus de 30 personnes.
Les porteurs et porteuses de L’art dans vivre, agissant, chacun, dans leurs domaines et expertises spécifiques, en faveur de la professionnalisation des artistes des arts plastiques et visuels en région Nouvelle-Aquitaine, ont choisi de s’allier, en complémentarité, dans le cadre d’une coopération pour penser et expérimenter une réponse nouvelle et commune aux enjeux d’insertion professionnelle des artistes-auteur·ice·s des arts plastiques et visuels, dès la sortie de l’école et/ou à l’amorçage ou réamorçage de leur parcours artistique professionnel.
La Fabrique Pola :
Pola est une fabrique artistique et culturelle.
Ce sont environ 140 travailleuses et travailleurs – les Habitants – qui œuvrent au quotidien dans un vaste espace de travail – équipement culturel – sur la rive droite de Bordeaux, en bord de Garonne.
Ils se reconnaissent collectivement comme actrices et acteurs solidaires de la filière des arts plastiques et visuels, allant des artistes plasticien.ne.s à des architectes, des urbanistes, des sérigraphes, des graveur·ses, des éditeurs de bande-dessinée, des designers, des comédiennes et comédiens, des porteur·ses du lien entre culture et santé, des juristes…
Les habitants de la Fabrique Pola défendent le rôle de l’artiste à tous les endroits de la transformation de la Cité : transformation urbaine, architecturale mais aussi sociale, éducative, solidaire, de transitions….
Au sein de cet écosystème, l’artiste-auteur·ice·s déploie une véritable agilité professionnelle qui lui permet d’assumer un projet professionnel et une viabilité économique fondée sur la coopération, l’échange et la solidarité. Les Habitants se reconnaissent dans les valeurs et usages de l’économie sociale et solidaire.
Pour orchestrer tous ces projets communs, impulser la dynamique collective, accompagner les Habitants, une équipe d’appui coordonne et anime les grandes missions portées par le collectif : la ressource professionnelle et l’ensemble des outils structurants pour la filière, l’équipement culturel et sa programmation artistique et culturelle, le lien et les actions avec les territoires et les personnes.
Cette grande maison est aussi une maison hospitalière. Elle se veut ouverte à tous les habitants du territoire, toutes les actions, initiatives ou associations qui portent un regard ouvert, solidaire et bienveillant sur la Cité.
Documents d’artistes Nouvelle Aquitaine :
Depuis 2012, Documents d’artistes Nouvelle-Aquitaine documente et accompagne le travail de création d’artistes plasticien·nes de la région. Ce travail prend la forme d’un fonds documentaire en ligne composé de dossiers monographiques élaborés en lien étroit avec chaque artiste et par un ensemble d’actions complémentaires, depuis la production de contenus éditoriaux inédits jusqu’à la mise en relation avec des commissaires, critiques d’art et autres professionnel·les. En collaboration avec de nombreux partenaires, dont le Réseau documents d’artistes et Astre - Réseau arts plastiques et visuels en Nouvelle-Aquitaine, l’association est un acteur structurant de la filière des arts visuels.
Pointdefuite :
L’association Pointdefuite est chargée de la mise en œuvre en région Nouvelle-Aquitaine de l’action Nouveaux commanditaires, en lien avec la Société des Nouveaux commanditaires. Cette action permet à des citoyen·nes confronté·es à des enjeux de société ou de développement d’un territoire, d’associer des artistes contemporain·es à leurs préoccupations en leur passant commande d’une œuvre. L’association Pointdefuite apporte également ses compétences de médiation dans l’accompagnement de commandes publiques et dans la professionnalisation des artistes dans le cadre de plusieurs dispositifs (conseils, formations, accompagnement).
Zébra3 :
Zébra3 est une association bordelaise fondée en 1993 qui intervient dans le domaine de l’art contemporain. Elle s’est faite connaître en 1998 grâce à l’édition du premier catalogue de vente d’art par correspondance Buy-Sellf.
Habitante de la Fabrique Pola dont elle est membre co-fondateur, elle initie des actions de soutien et de valorisation du travail des artistes plasticien.ne.s, en inscrivant principalement sa réflexion autour des problématiques liées à la diffusion et à la production dans ses dimensions techniques, socio-politiques, économiques et marchandes.
Zébra3 conçoit et organise des expositions, développe des résidences de production et des échanges artistiques à l’échelle locale et internationale.
Elle accompagne les artistes et commanditaires sur les différentes phases de réalisation de leurs projets, que ce soit dans le cadre d’expositions, d’événements, de commandes publiques ou de projets architecturaux, et leur met à disposition son atelier de production outillé de 500 m2.
PRÉ-REQUIS
La parité sera prise en compte dans la sélection des candidatures.
DOSSIER DE CANDIDATURE
La candidature doit être présentée sous la forme d’un document unique de 15 pages maximum, réunissant les éléments suivants :
Les documents doivent être expédiés par e-mail uniquement à l’adresse suivante : lartdansvivre@pola.fr
Les dossiers incomplets et/ou en retard ne seront pas traités par le comité de sélection.
Thème 2026 : “La Loire intérieure”
Ce thème invite les candidats à explorer la Loire comme un espace multiple : réel et symbolique, extérieur et intérieur, visible et enfoui. Longtemps artère vivante du commerce, elle a aussi façonné les paysages, les cités et les manières de vivre. Elle reliait les territoires, mais offrait également des rives propices à la contemplation, aux promenades, aux rencontres. Ses bords, jalonnés de villages, de jardins, de ports ou de chemins, portent encore les traces de cette vie fluide : une mémoire qui se lit autant dans l’architecture et les récits que dans l’atmosphère des lieux.
Aujourd’hui, la Loire apparaît autant comme un témoin historique que comme un décor de vie quotidienne : espace de respiration, de rêverie, de nature. Les brumes, les reflets, les courbes du fleuve créent un paysage sensoriel qui nourrit l’imaginaire. Ses rives invitent à la déambulation et à l’investigation : elles sont traversées d’ombres et de lumières, d’histoires visibles ou enfouies, de détails à découvrir au rythme du pas.
La maison Ackerman s’inscrit dans cet héritage. Située en bord de Loire, elle a longtemps tiré parti de cette position stratégique pour développer son activité commerciale. Mais son implantation au coeur d’un territoire vivant, marqué par la présence du fleuve et la richesse de ses paysages, raconte aussi une qualité de vie, une relation intime entre la nature, l’homme et ses créations.
Environnement d’exposition :
Lieu de résidence :
Calendrier :
La Maison Ackerman et l’Abbaye royale de Fontevraud ont décidé d’unir leur savoir-faire et ressources afin de créer une résidence d’artiste et de faire naître un projet artistique dans un lieu hors norme et atypique.
En s’associant à l’Abbaye royale de Fontevraud, la Maison Ackerman s’appuie sur un savoir-faire reconnu pour favoriser la création contemporaine. Lieu emblématique du patrimoine ligérien, les Caves Ackerman proposent chaque année à un artiste de créer une oeuvre immersive en résonance avec l’espace singulier de leurs galeries souterraines, venant ainsi enrichir un parcours d’art unique au coeur de cet univers troglodytique.
Ces caves de tuffeau, longues, étroites et sculptées par l’homme, évoquent un paysage minéral, propice à l’imaginaire du voyage.
Dossier à fournir :
Format et envoi :
Note : Pas de note d’intention demandée en première phase. Les artistes shortlistés recevront 500 € pour la production du dossier d’intention.
Deadline: 11 November 2025
Call for entries
Title: $4,500 & $1,000 Artist Grants
The Hopper Prize is now accepting entries for our Fall 2025 artist grants.
For this open call, we have increased grant amounts to $4,500.
We will be providing 6 grants totaling $13,000 USD.
2 artists will each receive $4,500 and 4 artists will each receive $1,000.
This is an open call, all media eligible.
In addition to grants, 30 artists will be selected for a shortlist. Additional exposure is available via our online Journal as well as our Instagram feed, currently reaching an audience over 150k.
Entry Fee: $40 for 10 images
Visit https://hopperprize.org to submit your work
ArtWorks Together 2026 is an international festival offering artists who have a learning disability, are autistic or both, the opportunity to showcase their talents to the entire world, gaining th...
Open Call for Artists! Be featured in Goddessarts Magazine Issue 19! This is your chance to showcase your work in our beautifully curated international a...
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October 3–5, 2025 | East London, UK Apply by: September 15, 2025 Streeters Gallery invites artists of all backgrounds and mediums to apply for an exciting exhibition in v...
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Women United ART PRIZE is a renowned international award designed to celebrate, empower, and elevate the artistic contributions of women-identifying artists from acr...
The Herberger Theater is excited to welcome artists to apply for the Tiny Exhibit. Open to Arizona artists, ages 18+, in the following mediums: painting,...
The Herberger Theater is excited to welcome artists to apply for the Big Exhibit. Open to Arizona artists, ages 18+, in the following mediums: paintin...