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KOR’SIA al Romaeuropa Festival

20 octobre 2025 à 21:36

Nella costellazione della performance contemporanea, Simulacro del collettivo KOR’SIA si impone come una delle esperienze più radicali e ipnotiche degli ultimi anni. Presentato al Romaeuropa Festival e alla Biennale Danza 2025, lo spettacolo, firmato da Antonio de Rosa e Mattia Russo, con la drammaturgia di Agnès López-Río, è un attraversamento dello sguardo, una meditazione reale e virtuale sul corpo, biologico ed espanso, e sull’immagine nell’epoca della simulazione.
Non può definirsi come un racconto ma piuttosto un’esperienza totale, immersiva che avvolge lo spettatore in un campo percettivo dove la materia viva e la materia mediale si confondono, fino a diventare indiscernibili.
In Simulacro, il corpo non è un solo medium della danza: è un’interfaccia, una soglia, un rito dissolto nelle reti e nella loro permanenza volatile.

KOR’SIA costruisce uno spazio in cui luce, proiezioni, video e suono agiscono come membrane sensoriali, attraversando i performer e dissolvendone i contorni. La scena diventa organismo: non rappresenta, ma reagisce. Ogni movimento si propaga nello spazio come dato e come emozione, come codice e come respiro. La multimedialità performativa è il vero linguaggio di programmazione dello spettacolo. L’immagine abita ed invade la danza: la genera, la disturba, la prolunga. Contemporaneamente, in una osmosi sorprendente, la luce  seziona i corpi come un bisturi ottico; il suono prende la forma di architettura invisibile del visibile, struttura effimera della radicalità dei corpi in movimento. In questo equilibrio instabile tra carne e proiezione, Simulacro interroga la presenza e la sua copia, il gesto e la sua traduzione digitale, la realtà e il suo doppio. La tecnologia non è dispositivo freddo, ma materia sensibile, capace di generare flussi di dati, di sensazioni, di percezioni, di movimenti.
L’elettronico diventa epidermico: luce e video aderiscono alla pelle, il movimento diventa pixel, il corpo si fa spazio di proiezione, il suono rete tangibile. La multimedialità svela la fragilità, la sua vocazione all’instabilità e al riflesso. Simulacro mette in scena la crisi della percezione. Gli interpreti emergono e si dissolvono come presenze digitali, apparizioni che scivolano nel flusso visivo di un sogno elettronico. Lo spettatore è immerso in una soglia percettiva dove ogni figura sembra essere insieme viva e artificiale. In questa ambiguità , dove la carne vibra con la luce e la luce sembra sudare, nasce la forza poetica del lavoro: una riflessione fisica sull’irrealtà, sulla liminalità virtuale, sulla finzione come condizione esistenziale. La performance di de Rosa e Russo è anche un gesto politico: un atto di resistenza del corpo dentro l’eccesso visivo e accumulativo della contemporaneità.

Nell’epoca in cui tutto può essere simulato, Simulacro restituisce al corpo la sua potenza originaria: quella di un essere fragile, imperfetto, fallibile, non programmabile.
La danza diventa una forma di sopravvivenza dell’esperienza, un rito per ritrovare dentro la moltiplicazione delle immagini una presenza autentica, una possibilità di respiro.
La multimedialità performativa, per KOR’SIA è una pratica di attraversamento, un modo di interrogare la soglia dove la visione si fa corpo e il corpo diventa immagine.
Là dove l’arte incontra la tecnologia non per descriverla, ma per sentirla, per trasformarla in carne viva.

Antonio de Rosa, Mattia Russo, KOR’SIA, Romaeuropa Festival, 07-08.10.2025
Produzione: Gabriel Blanco, Paola Villegas, Andrea Mendez (Spectare) | Direzione Tecnica: Meritxell Cabanas | Coproduzione: Centro de Cultura Contemporánea Conde Duque (Madrid, Spagna), La Biennale di Venezia, Centro Nazionale di Produzione della Danza ResExtensa | Porta d’Oriente (Bari, Italia), Montpellier Danse – Agora Montpellier (Francia), Theater Freiburg (Germania) | Con il supporto di: Ministero dell’Educazione, Cultura e Sport – Governo di Spagna Comunità di Madrid, Comune di Madrid

immagini: (tutte) KOR’SIA, «Simulacro», Romaeuropa Festival

 

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Partitura sonora di Berio per corpo e colori 

14 octobre 2025 à 22:42

Il 3 ottobre scorso, la voce sconvolgente di Cathy Berberian su partitura sonora Visage di  Luciano Berio ha attraversato lo spazio del teatro alla Pelanda – Mattatoio, dando l’incipit  ad un lavoro multimediale che ha celebrato in prima assoluta al Romaeuropa Festival i cento anni dalla nascita del compositore italiano. Quattro partiture del maestro  si sono quindi susseguite senza soluzione di continuità:  a Visage, lavoro su nastro magnetico per suoni elettronici e voce con video  di  Lelli e Roberto Masotti, ha fatto seguito Les mots sont allés…,  “recitativo” per violoncello del1976-78, quindi Sequenza XIV per violoncello del 2002, ambedue intrepretate dal violoncellista Claudio Pasceri  con azioni coreografiche di Simona Bertozzi e infine l’opera sonora-video  del 1963 I colori della luce con le coloratissime immagini video in movimento di Bruno Munari e Marcello Piccardo. 

Fin dal primo accendersi delle ipnotiche immagini video che Silvia Lelli e Roberto Masotti hanno creato per la voce di Cathy Berberian in Visage, le pareti del teatro sono sembrate diventare un enorme impianto uditivo, che consentiva agli spettatori di proiettarsi all’interno del corpo – bocca della Berberian, come in una cassa di risonanza che, deprivata delle  parole, amplificasse emotivamente i suoni della sua lingua, delle sue  labbra e della sua gola, colorandosi della  comica e ironica sensualità della cantante.

Successivamente le luci di Luisa Giusti hanno illuminato rarefatte il corpo esile e plastico di Simona Bartozzi che, sulle note del violoncellista Claudio Pasceri, sembrava smontarsi come un meccanismo articolato, seguendo la geometria sonora che ne diversificava i movimenti mentre scivolava in orizzontale e verticale nello spazio del teatro. 

Il gesto sonoro della voce elettroacustica prima e quello sonoro dello strumento a corde poi- talvolta percosso dalle abili mani del musicista – si stratificavano nella coreografia della danzatrice: le parole, femmine anch’esse, se ne erano andate, come recitava il titolo del pezzo, abbandonando  il linguaggio per lasciare posto a frammenti sonori che evocavano la presenza del corpo, i suoi rumori e i suoi colori. Questi ultimi hanno risuonato insieme con l’ultima opera, I colori della Luce, con musica elettroacustica di Berio e con l’allegria cromatica della proiezione video di Bruno Munari e Marcello Piccardo che ha illuminato ancora, i movimenti di Simona Bertozzi mediante la materia intangibile del video. Sono passati più di sessant’anni da quando le apparecchiature elettroacustiche degli studi sorti a Parigi, Colonia e Milano hanno consentito a Luciano Berio e ad altri compositori come Luigi Nono e Bruno Maderna di indagare le formanti fonologiche della voce e del suono e di ricomporle come materiali di cui si sono serviti per i loro progetti sonori.  

Le nuove tecnologie di diffusione sonora oggi permettono oggi di applicare alla componente sonora quella dinamica che essi avevano sperimentato fin dall’inizio delle loro ricerche e il lavoro compiuto in questo spettacolo dalla sapiente regia del suono di Francesco Canavese e Francesco Giomi – quest’ultimo attuale direttore  artistico di “Tempo reale”, gruppo e, al tempo stesso centro di ricerca, produzione e didattica musicale fondato a Firenze da Luciano Berio nel 1987 – hanno consentito di dilatare lo  spazio del teatro della Pelanda, allestito per l’occasione con una gestione multicanale degli amplificatori che hanno distribuito e fatto dialogare nello spazio le diverse, innumerevoli componenti sonore delle partiture del maestro Berio. 

Berio a Colori, Romaeuropa Festival, 03.10.2025
Musica: Luciano Berio | Coreografia e danza: Simona Bertozzi | Violoncello: Claudio Pasceri | Regia del suono: Tempo Reale (Francesco Canavese e Francesco Giomi) | Luci: Luisa Giusti
Produzione: Nexus Factory, Tempo Reale, EstOvest Festival | Luciano Berio, Visage, per suoni elettronici e la voce di Cathy Berberian su nastro magnetico (1961)* | Visioni su “Visage”, Lelli e Masotti interpretano visualmente Visage | Montaggio di Gianluca Lo Presti / Mammafotogramma | Luciano Berio, Les mots sont allés…, “recitativo” per violoncello (1976-78)* | Luciano Berio, Sequenza XIV, per violoncello (2002)* | Luciano Berio, I colori della luce (1963). Video di Bruno Munari e Marcello Piccardo | Esecuzioni esclusive autorizzate dagli aventi diritto per il centenario di Luciano Berio

immagini: (cover 1) Simona Bertozzi, «Berio a Colori», Romaeuropa Festival 2025, foto: Piero Tauro (2) Claudio Pasceri, «Berio a Colori», Romaeuropa Festival 2025, foto: Piero Tauro (3) Bertozzi –Pasceri, «Berio a Colori», Romaeuropa Festival 2025, foto: Piero Tauro (4) Bertozzi-Pasceri, foto: Luigi De Palma

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FLESH AR(T) ATTACK al Mattatoio di Roma

Par : Arshake
11 octobre 2025 à 09:48
Abbiamo incontrato Chiara Passa, pioniera delle arti multimediali con base a Roma e le abbiamo chiesto di raccontarci di FLESH AR(T) ATTACK, evento performativo di realtà aumentata, presentato nell’ambito ULTRA REF, sezione del Romaeuropa Festival realizzato in collaborazione con gli studenti del triennio di Arti Multimediali e Tecnologiche dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Venticinque progetti in realtà aumentata hanno orchestrato una mappatura dei particolari spazi dell’ex Mattatoio di Roma, affascinante spazio di archeologia industriale, ora destinato ad essere integrato in uno dei più ambiziosi progetti di riqualificazione urbana con la creazione di un polo di ricerca e produzione artistica, progetto che gode già della presenza di diverse realtà dedicate alla cultura, tra queste gli spazi adiacenti dell’Accademia di Roma, dell’Università di Architettura Roma Tre, e della storica scuola di musica popolare di Testaccio, e ormai anche tutte quelle attività che negli ultimi anni il Romaeuropa Festival ha portato nel suo configurarsi come polo di aggregazione della città e in un contesto internazionale. Per chi ha avuto esperienza del progetto, partecipare a FLESH AR(T) ATTACK ha significato attraversare questo grande spazio in una camminata tra presente e passato, fermando l’attenzione sulla magia di questa particolare porzione di area urbana, sulla sua storia e sull’energia che è in grado di sprigionare. A Chiara Passa abbiamo chiesto cosa ha significato lavorare nella specificità del luogo e in un progetto corale e inter-generazionale.  

Arshake: FLESH AR(T) ATTACK è un evento performativo? Puoi spiegarci con che modalità e come si struttura all’interno dello spazio (pubblico) e come ponte tra Festival e Accademia di Belle Arti?

Chiara Passa: Il progetto è articolato come un tour guidato attraverso 25 hotspot AR, ciascuno dei quali attiva un’interazione tra spazio fisico e contenuto digitale. Le installazioni aumentate non si limitano a decorare l’ambiente, ma lo rimodellano concettualmente, trasformando l’intera area in un centro d’arte immersivo e reattivo.

I lavori di FLESH AR(T) ATTACK sovrascrivono la memoria storica dell’ex Mattatoio con una nuova narrativa artistica digitale, ridefinendo il rapporto tra spazio, corpo e tecnologia. La carne – evocata nel titolo -diventa metafora di presenza, vulnerabilità e trasformazione, mentre la realtà aumentata si fa strumento di resistenza poetica e riflessione critica. In questo contesto, l’AR non è solo medium, ma linguaggio artistico che interroga il reale e ne espande i confini.

Attraverso smartphone e tablet, i visitatori sono invitati a esplorare una costellazione di opere multimediali che vanno dalla scultura digitale alla narrazione spaziale, fino alla critica post-umana. Ogni intervento in realtà aumentata è il risultato di un lavoro corale. Gli studenti hanno agito in direzioni diverse ma sempre complementari, perché legati dal tema della trasformazione poetica e critica dello spazio dell’ex Mattatoio. 

Il tema centrale delle opere AR è la metamorfosi del corpo architettonico e sociale, dove la carne – evocata nel titolo – diventa metafora di presenza, memoria e resistenza.

Alcuni hanno indagato l’idea di archivio, realizzando video tridimensionali che stratificano ricordi e immaginazione.  Altri, hanno lavorato direttamente sull’architettura del luogo, trasformandola in superficie sensibile e reattiva. Altri ancora (me compresa proponendo uno degli Object Oriented Stones, i sassi interattivi orientati agli oggetti) hanno generato sculture post-organiche, forme astratte che sembrano emergere dal sottosuolo di quell’archeologia post-industriale, come linfa visiva che nutre nuove visioni.

Cosa hai portato in questa occasione della tua esperienza con la Widget Art Gallery, nata nel 2008 come galleria digitale tascabile dove hai collaborato con artisti giovani e affermati?

Sicuramente l’esperienza curatoriale di spazi liminali e tascabili, ovvero ambienti non convenzionali che sfidano le logiche espositive tradizionali e invitano a ripensare il rapporto tra opera, contesto e fruizione è stata una base importante per questo lavoro. Con la Widget Art Gallery ho imparato a costruire narrazioni che si adattano a formati mobili, effimeri, decentralizzati, e questa sensibilità ha influenzato anche la progettazione di FLESH AR(T) ATTACK.
Per questo progetto ho portato con me una pratica curatoriale già sperimentata nella Widget che valorizza la coesistenza tra artisti emergenti e affermati, promuovendo un dialogo orizzontale e generativo. Lavorando con gli studenti, ho cercato di trasmettere l’importanza di concepire lo spazio espositivo come un organismo vivo, un dispositivo artistico e critico capace di accogliere visioni plurali e di attivare il pubblico in modo diretto. In questo senso, FLESH AR(T) ATTACK è stato anche un’estensione concettuale della Widget Art Gallery: un ambiente aumentato e situato, dove l’arte si manifesta in forma fluida, accessibile e radicalmente contestuale.

Cosa ha significato per te lavorare con gli studenti ad un progetto artistico corale? 

Il progetto nasce come esito dell’esame finale di Realtà Virtuale e Aumentata, un momento culminante del percorso formativo in cui gli studenti sono chiamati a confrontarsi con la progettazione e la realizzazione di opere digitali site-specific

Alla fine del semestre, abbiamo esplorato lo spazio dell’ex Mattatoio, discutendone insieme affinché ciascuno potesse scegliere un’area su cui lavorare. Ogni studente ha poi immaginato un intervento in realtà aumentata, reso accessibile tramite le matrici AR.

FLESH AR(T) ATTACK è anche un manifesto pedagogico: un esempio concreto di come la didattica possa generare pratiche artistiche contemporanee, valorizzando il lavoro degli studenti e promuovendo una visione collettiva e trasformativa dell’arte digitale.

Quale e’ stata la risposta del pubblico? 

La risposta del pubblico all’evento FLESH AR(T) ATTACK è stata estremamente positiva e calorosa, con un forte coinvolgimento e un sincero apprezzamento per l’esperienza immersiva e collettiva. Abbiamo accolto un pubblico variegato: anziani curiosi di scoprire le opere, famiglie con bambini, e naturalmente anche professionisti e appassionati del mondo dell’arte. Questo mix ha confermato l’efficacia della realtà aumentata come linguaggio artistico e pedagogico inclusivo. È importante ricordare che gli artisti creano opere principalmente per il pubblico, e non c’è soddisfazione più grande di vederlo partecipe, sorpreso, attento, ed emotivamente coinvolto. 

FLESH AR(T) ATTACK, 23-28.09.2025, ex Mattatoio, luoghi vari, 23-28 settembre 2025
Concepito da Chiara Passa come collaborazione tra Accademia di Belle Arti (Arti Multimediali, coordinamento Maria Cristina Reggio) e Romaeuropa Festival, nell’ambito della rassegna Ultra REF.
Con Chiara Passa, hanno esposto gli studenti del suo corso triennale di Arti Multimediali e Tecnologiche dell’Accademia di Belle Arti di Roma: Annamaria De Paris, Anton Tkalenko, Aurora Tittarelli, Caterina Pitrola, Chiara Stella Landi, Davide Solarino, Enea Tomassi, Federica Santoro, Francesca De Rosa, Giovanni Pio Appoloni, John Javier Zuniga Perez, Katharina Faller, Lanyi Zhang, Laura Molino, Lidia De Nuzzo, Martina Panico, Mirko De Paolis, Olimpia Paldi, Pietro Guerrini, Sophia Rossetto, Tiziano Orlandi, Wei Jia Deng, Yueqi Tu, Yuting Hu, Zihang Fu

immagini: (cover 1) mappa (2) FLESH AR(T) ATTACK, Mattatoio di Roma, 23-28.09.2025, foto: Monkeys VideoLab (3-4) FLESH AR(T) ATTACK, Mattatoio di Roma, 23-28.09.2025, foto: Federica De Pari 

 

 

 

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Flammenwerfer al Ref 2025

7 octobre 2025 à 16:43

Tra le proposte più potenti del Romaeuropa Festival 2025 spicca Flammenwerfer, spettacolo nato dalla collaborazione fra la compagnia danese Hotel Pro Forma, Blixa Bargeld e l’ensemble vocale femminile IKI. Si è di fronte ad un ibrido, sperimentale e soprattutto multimediale “music theatre” che non si limita a intrecciare linguaggi, ma li spinge a collidere, dissolversi e ricomporsi in una forma ibrida dove il suono diventa visione e la visione si fa materia acustica. Al centro del lavoro c’è la figura del pittore svedese Carl Fredrik Hill (1849-1911), artista visionario segnato dalla schizofrenia, che negli anni del ritiro forzato, a seguito del suo disagio sociale e relazionale,  produsse centinaia di schizzi e disegni, mappe di un mondo interiore in bilico tra genio e delirio. Lo spettacolo non racconta la sua biografia in modo lineare, ma la evoca attraverso i suoi molteplici e stratificati lavori, stati percettivi, attraversamenti sensoriali, squilibri che chiamano in causa direttamente il pubblico.

Blixa Bargeld, che firma parte della musica e dei testi, porta in scena la sua voce come materia performativa estrema: dalle inflessioni sussurrate fino al grido, il suo registro e la sua presenza mutante diventano corpo sonoro che agisce più del corpo fisico. «C’è un brano composto solo di urla», ha dichiarato in un’intervista a Lucrezia Ercolani, «un pezzo crudele che scuote le ossicine dell’orecchio» (Blixa Bargeld: Sono un poeta, non chiamatemi profeta, «Il Manifesto», 26.09.2025). Incursioni sceniche talvolta disturbanti, talvolta disorientanti, che squarciano i confini della percezione e dell’identificazione emotiva.
È in questa sospensione tra parola e rumore che si innesta il coro femminile di IKI, capace di costruire paesaggi vocali stratificati, dal canto corale alla frammentazione, dalle armonie sospese alle dissonanze. La loro presenza moltiplica la voce, la disperde e la ricompone, restituendo la sensazione di una mente attraversata da echi e presenze multiple.

La presenza sonora che generano culla in un letto di parole strazianti, che restituiscono la rottura fra la rappresentazione, la forma, ed il contenuto. Sono voci pienamente umane, pienamente in grado di creare scenografie emotive e riflessive. 
Accanto alla scrittura musicale di Bargeld, nello spettacolo emergono i brani di Nils Frahm, selezionati per la loro dimensione atmosferica, sospesa tra pianoforte, elettronica e droni.
La sua musica si intreccia con testi e voci in una partitura che privilegia la ripetizione, la tensione ipnotica, i salti improvvisi di intensità. Nuovamente il risultato è un paesaggio sonoro che non accompagna l’azione scenica, ma la determina: non c’è recitazione in senso classico, perché qui la musica è la drammaturgia, e la drammaturgia è la musica totale.
La parte visiva, affidata a Magnus Pind per il video, Henrik Vibskov per i costumi e Jesper Kongshaug per le luci, trasforma la scena in un campo di interferenze. Le proiezioni dei disegni di Hill invadono lo spazio e i corpi, i costumi diventano superfici luminose, vive,riflettenti, e rigonfie, anche loro con una storia intima, privata e parallela.

La luce crea apparizioni e sparizioni come un’entità che modella la materia e riscrive la dimensione di spazi e corpi. In questo dispositivo la scena non è uno sfondo: è uno schermo vivo, instabile, in cui immagine, visione e segni si fondono e si plasmano a vicenda. La forza di Flammenwerfer è proprio nel modo in cui audio e multimedialità non restano linguaggi paralleli ma si intrecciano fino a perdere i propri confini. Talvolta suono e immagine procedono all’unisono, molte altre volte si disallineano deliberatamente, creando cortocircuiti sensoriali che producono spaesamento. Nei momenti di silenzio il vuoto acustico si riempie di immagine, nei blackout visivi è il suono a dominare, e in entrambi i casi lo spettatore si trova immerso in uno spazio percettivo instabile. Più che uno spettacolo, Flammenwerfer è un’esperienza che chiede di essere abitata. L’arte visiva di Hill, le sonorità di Bargeld e Frahm, le voci di IKI e l’impianto scenico di Hotel Pro Forma si fondono in un unico organismo, un congegno che non racconta ma mette in condizione di percepire. È un teatro che non cerca il conforto della narrazione, ma l’impatto fisico dell’immagine e del suono, un luogo in cui il pubblico diventa parte attiva del delirio poetico messo in scena.

Flammenwerfer, collaborazione tra Hotel Pro Forma, Blixa Bargeld e l’ensemble vocale femminile IKI
Romaeuropa Festival – Teatro Argentina, 26-28.09.2025

immagini: (cover 1 -2-4) Flammenwerfer, Teatro Argentina, Romaeuropa Festival, foto: Emma Larsson (3) Blixa Bargeld, Flammenwerfer, Teatro Argentina, Romaeuropa Festival, Roma, foto: Emma Larsson

 

 

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Berio a colori al Romaeuropa Festival

Par : Arshake
30 septembre 2025 à 08:45

In occasione del centenario della nascita del compositore, il Centro di ricerca musicale da lui fondato Tempo Reale, la coreografa Simona Bertozzi e il musicista Claudio Pasceri intrecciano saperi e linguaggi in una performance multidisciplinare che riporta alla luce significativi materiali del repertorio beriano, frutto anche di collaborazioni sorprendenti, e include importanti pagine per violoncello solo.

Venerdì 3 ottobre alle ore 21 al Mattatoio di Roma prima assoluta, nell’ambito di Romaeuropa Festival, per Berio a colori, performance multidisciplinare creata a partire da significative composizioni di Luciano Berio in occasione del centenario della nascita, di e con la coreografa e danzatrice Simona Bertozzi, il violoncellista Claudio Pasceri, la regia del suono di Tempo Reale (Francesco Canavese e Francesco Giomi) e le luci di Luisa Giusti.

Berio a colori è un omaggio al grande compositore attraverso la relazione della sua musica con espressioni diverse.

Da un lato le storiche immagini in movimento realizzate prima dal designer Bruno Munari e recentemente dai fotografi italiani Roberto Masotti e Silvia Lelli che si sovrappongono a due opere elettroniche di Berio; dall’altro l’interpretazione coreografica di Simona Bertozzi di due significative composizioni per violoncello solo, eseguite da Claudio Pasceri, accostate per la prima volta a formare un quadro sorprendente e originale.

Lo spettacolo, prodotto da Nexus Factory, Tempo Reale ed EstOvest Festival, intreccia materiali diversi: le composizioni di Berio Visage, per suoni elettronici e la voce di Cathy Berberian su nastro magnetico (1961), Les mots sont allés…, “recitativo” per violoncello (1976-78), Sequenza XIV, per violoncello (2002) e I colori della luce (1963), presentate in esecuzioni esclusive autorizzate dagli eredi del compositore; Visioni su “Visage”, in cui Roberto Masotti e Silvia Lelli interpretano visualmente Visage (montaggio di Gianluca Lo Presti / Mammafotogramma) e i rari video di Bruno Munari e Marcello Piccardo.

«Per Les mots sont allés ho seguito l’idea di un linguaggio che perde consistenza semantica per farsi corpo sonoro. Incedere tra frammenti, sospensioni, balbettii che diventano gesto, un discorso continuamente interrotto che si costruisce e si disfa» spiega Simona Bertozzi «Per Sequenza XIV mi hanno orientata le parole di Berio, che descrive questa partitura come un dialogo costante fra orizzontale e verticale, suono e rumore, e come lo sviluppo di “un clima espressivo quanto mai instabile e diversificato”. A partire da queste suggestioni ho cercato un corpo che si apre a una pluralità di eventi e registri dinamici, in tensione costante tra ciò che accade e ciò che rimane in trasparenza, tra provenienza, proiezione e reinvenzione personale».

(dal comunicato stampa)

Berio a colori, Performance in omaggio ai cent’anni dalla nascita di Luciano Berio, Romaeuropa Festival, Mattatoio, Roma, 03.10.2025
Musica: Luciano Berio | Coreografia e danza: Simona Bertozzi | Violoncello: Claudio Pasceri | Regia del suono: Tempo Reale (Francesco Canavese e Francesco Giomi) | Luci: Luisa Giusti. Berio a colori sarà poi in scena a Cango, Firenze, il 13 e 14 dicembre, nell’ambito della rassegna La Democrazia del Corpo curata dal coreografo Virgilio Sieni.

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